Corriere della Sera

Il difficile slalom del top manager tra le pressioni di politici e imprese

Nella presentazi­one ha lasciato la parola a tre donne della task force

- Di Massimo Sideri

L’attacco alla diligenza da parte della politica, Vittorio Colao se lo aspettava. Girano tanti soldi pubblici e la tentazione «elettorale», antico agente patogeno dei governi, ha una carica virale sempre potente. Ma, ecco: l’attacco alla diligenza da parte di alcuni manager e imprendito­ri, che in queste settimane hanno fatto pressione e tentato di avviare con la task force il vecchio disco «profitti privati, perdite pubbliche», no. Non se lo aspettava. Poi certo, in un gruppo composto da ben ventidue consulenti la differenza anche siderale tra opinioni è congenita. C’era da aspettarsi anche questo. Anche perché c’è chi, come l’economista Mariana Mazzucato — non si sarebbe sostanzial­mente mai presentata — non ha fatto mai mistero di credere in quello Stato imprendito­re, suo famoso libro, che purtroppo in Italia puzza di Stato Pantalone. E che tanto piace all’anima Cinque Stelle come si è visto anche con il mezzo miliardo per il technology transfert affidato a Enea Tech (un’assonanza preoccupan­te con Iri Tech). Non è un caso che l’economista italiana Mazzucato non compaia tra le firme del documento.

Un altro rapporto che non sembra sia andato nel migliore dei modi è stato quello con Domenico Arcuri, per evidenti antagonism­i. Quello che Colao non avrebbe voluto vedere, in un momento così delicato come la gestione del coronaviru­s in uno dei Paesi più colpiti al mondo, era una compagine così ampia, più per «diluire» le diverse anime politiche in gioco che per rendere efficiente il lavoro per il rilancio industrial­e ed economico. D’altra parte che Conte si sia «trovato» costretto a chiamare Colao, cercando poi di aggiungere altri nomi più vicini alla sua filosofia di governo, non è un mistero. Questo — lo riconoscon­o diversi nomi della task force — all’inizio non ha aiutato. «All’inizio sembrava che a nessuno interessas­se il lavoro che stavamo facendo» ha sottolinea­to uno dei pilastri del gruppo. Eppure se il rammarico c’è stato è stato ben celato dall’accelerazi­one di questi ultimi giorni, voluta dal premier Giuseppe Conte. Soprattutt­o da quando, e non è certo un caso, si è iniziato a parlare del Recovery Fund europeo con una cifra monstre messa a disposizio­ne, ma solo per chi avrà buone proposte per attrarne una parte. Idee cercansi: ecco, dunque, l’improvviso interesse per il documento: all’italia non saranno regalati soldi, nonostante l’entusiasmo iniziale, ma solo finanziame­nti per progetti sensati.

Poi, come sempre capita, il fastidio a tratti c’è stato. È innegabile: come quando Matteo Salvini non ha resistito a dare sfogo al suo gemello su Facebook dicendo che bisognerà valutare come sono stati spesi i soldi della task force. «Nessuno di noi ha preso niente, nemmeno rimborsi spese», ripetono tutti. Ma c’è stato anche un momento di soddisfazi­one evidente di Colao quando il premier gli ha dato la parola e l’ex manager Vodafone ha preferito parlare solo per dieci minuti passando la parola a tre componenti del gruppo: Raffaella Sadun, Donatella Bianchi e Maurizia Iachino. Tre donne. Messaggio nella bottiglia arrivato?

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