«Sui test favorita un’azienda» Il Tar boccia l’intesa in Lombardia
MILANO L’accordo di marzo tra la Fondazione Policlinico San Matteo e l’azienda Diasorin, per lo sviluppo dei test sierologici di diagnosi di infezione Covid-19, ha «consentito ad un particolare operatore economico, scelto senza il rispetto di alcuna procedura ad evidenza pubblica, ancorché non tipizzata, di conseguire un nuovo prodotto che rimane nell’esclusiva disponibilità e commerciabilità dell’operatore», e così ha permesso «a
Diasorin di acquisire un illegittimo vantaggio competitivo» rispetto agli altri operatori nel poter «contare in modo esclusivo sul determinante apporto di mezzi, strutture, laboratori, professionalità, tecnologie e conoscenze scientifiche messe a sua esclusiva disposizione dalla Fondazione». Su questa base il Tar Lombardia, accogliendo il ricorso della concorrente Technogenetics srl, ha bocciato l’accordo del 23 marzo tra la Diasorin e il Policlinico San Matteo di Pavia a cura del Laboratorio di Virologia molecolare sotto la responsabilità scientifica del professor Fausto Baldanti, accordo che comprendeva royalties dell’1% a favore del Policlinico sulle future vendite del prodotto.
Nella sentenza di ieri il Tar, con il presidente Domenico Giordano e il relatore Fabrizio Fornataro, si occupa dell’intesa tra Policlinico e Diasorin, e non della successiva scelta (pure controversa) operata in aprile dalla Regione Lombardia di acquistare da Diasorin un ordine urgente di 500.000 kit al prezzo di 4 euro, proposto in una successiva gara da Diasorin a 3,3 euro e lì offerto da un altro concorrente svizzero a 1,43 euro. Per i giudici amministrativi l’accordo non poteva essere fatto rientrare nella norma che consente agli Irccs di stipulare accordi di
L’ospedale
«È una collaborazione di tipo scientifico Una bella storia di cui andare fieri»
«collaborazione scientifica» anche con soggetti privati «al fine di trasferire i risultati della ricerca in ambito industriale», ma «nel rispetto dei principi interni ed eurounitari in materia di contratti pubblici» sarebbe dovuto essere inquadrato in un «rapporto di concessione tramite procedura ad evidenza pubblica di cui però non vi è traccia». Invece il tipo di accordo ha avuto il risultato di non solo «determinare una distorsione della concorrenza» (da cui l’annullamento della delibera del San Matteo), ma anche di «impegnare risorse pubbliche con modalità illegittime, sottraendole in parte alla loro destinazione indisponibile» (da cui la trasmissione degli atti alla Corte dei conti per l’eventuale danno erariale). Diasorin annuncia appello al Consiglio di Stato, ribadisce il «sempre pieno rispetto delle regole», e si dice «sorpresa» dal Tar «che, evidentemente, non ha correttamente interpretato la natura dell’accordo con il San Matteo». Il quale a sua volta chiederà la sospensiva, «non condividendo in alcun modo le conclusioni del Tar», mentre il suo presidente Alessandro Venturi aggiunge: «Era una bella storia, non meritava di finire in una querelle come questa: un accordo di collaborazione scientifica è sottratto alle regole del codice dei contratti, quello che abbiamo siglato non è un contratto ma una convenzione, in attivo per il San Matteo che incassa soldi anche sulle royalties di future vendite da dedicare alla ricerca scientifica. In un Paese normale sarebbero cose su cui ti farebbero un monumento».
Il presidente della Regione, Attilio Fontana, si limita a dire: «Non sono parte attiva della faccenda, so che il San Matteo farà ricorso».