Corriere della Sera

Sos di 3 mila marittimi bloccati sulle navi «Siamo allo stremo fateci tornare in Italia»

- Di Danilo Taino

Più di tremila lavoratori italiani vivono e operano da mesi in mezzo ai mari, praticamen­te ostaggi dei lockdown nazionali: non riescono a trovare un porto che li accolga, che li faccia scendere per poi tornare a casa. Sono gli equipaggi delle oltre 400 navi mercantili che solcano gli oceani e che, causa pandemia e restrizion­i ai viaggi, spesso da mesi hanno superato il limite di tempo oltre il quale dovevano essere sostituiti da una nuova squadra (il calcolo è della Confitarma, l’associazio­ne degli armatori nazionali). Altrettant­i marittimi che dovrebbero dare loro il cambio sono invece bloccati in Italia, di fatto senza lavoro, per la stessa ragione, l’impossibil­ità di accedere ai Paesi in cui effettuare lo scambio.

Il problema non è solo italiano, è globale, e coinvolge 150170 mila lavoratori imbarcati — nell’atlantico, nel Pacifico e nell’oceano Indiano — e poco meno di 200 mila che aspettano di rilevarli. Una situazione che sta diventando sempre più difficile da gestire sia per lo stress al quale sono sottoposti i lavoratori in mare sia per i rischi che fa correre al commercio mondiale, il quale per quasi il 90% viaggia su nave. Ieri, il Financial Times ha dato notizia di un tanker di proprietà tedesca che ha rifiutato di prendere il largo da un porto se prima l’equipaggio non fosse stato sostituito. L’urgenza viene anche dal fatto che il 16 giugno scade l’estensione ai contratti di lavoro decisa da armatori e sindacati in seguito all’emergenza pandemia: a quel punto, altre navi potrebbero essere costrette a rimanere ferme in porto. «È una situazione estremamen­te difficile — dice Mario Mattioli, presidente di Confitarma —. Dobbiamo effettuare i cambi perché si tratta di un lavoro usurante che necessita di un recupero psicofisic­o. In questa situazione c’è un incremento potenziale dei rischi, ci sono pericoli di sicurezza. E quindi, oltre al benessere dei lavoratori, è in questione la garanzia stessa della catena logistica che l’attività marittima garantisce».

Sin dallo scorso marzo, la Internatio­nal Chamber of Shipping (Ics, la maggiore organizzaz­ione degli armatori) aveva scritto una lettera aperta ai responsabi­li e il welfare degli equipaggi». E chiedeva che anche i lavoratori del mare fossero trattati come «lavoratori chiave» durante la pandemia e fossero loro «accordate esenzioni appropriat­e da ogni restrizion­e nazionale di viaggio quando raggiungon­o o lasciano la loro nave».

A inizio maggio, armatori e sindacati del settore hanno preparato una road map in 12 punti per risolvere il problema ma finora i governi si sono occupati pochissimo del caso, G20 compreso. Solo adesso che la questione sta diventando insostenib­ile, qualche Paese — ad esempio Singapore, Olanda e Regno Unito — sembra iniziare a muoversi. Sotto la pressione di casi talvolta drammatici. Il 28 maggio, il segretario generale dell’ics, Guy Platten, ha sostenuto di avere ricevuto «rapporti allarmanti di marittimi che soffrono di problemi medici seri, come ictus, ai quali è stata negata l’evacuazion­e medica per oltre quattro giorni».

«Senza le navi — sostiene

La situazione

Il problema non è solo italiano, è globale: coinvolge 150 mila lavoratori imbarcati

Mattioli — durante il lockdown non avremmo avuto le forniture di cibo, di farmaci agli ospedali, di energia. Inizialmen­te questo ci è stato riconosciu­to, è anche stato lanciato l’hastag #heroesatse­a. Ma poi il governo non si è più ricordato di noi, anche nei decreti che ha varato».

Due videomessa­ggi fatti circolare dalla Confitarma sottolinea­no il momento di crisi sulle navi e la necessità di un intervento da parte del governo italiano. In uno, Giuseppe Guardino, comandante della Blue Brother di supporto offshore nell’atlantico lungo le coste del Congo, lancia «un appello alle istituzion­i italiane affinché ci diano una mano per farci rientrare a casa» e sottolinea che «il morale del mio equipaggio è giù»: «Vi assicuro che non è facile per un comandante gestire un equipaggio demoralizz­ato». Nell’altro videomessa­ggio, Claudio Grillo, direttore di macchina sulla Famar Interventi­on al largo dell’angola, dice che l’equipaggio è «allo stremo delle forze, anche a livello psicologic­o siamo veramente messi male, lo stress ci sta logorando», con rischi per la sicurezza: anch’egli chiede che si muovano «i poteri preposti» per «sbloccare questa situazione».

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La HMM Algeciras, la più grande nave portaconta­iner del mondo, nel Mare del Nord le navi mercantili in navigazion­e in giro per il mondo senza la possibilit­à di dare il cambio agli equipaggi (Epa)
Alla fonda 400 La HMM Algeciras, la più grande nave portaconta­iner del mondo, nel Mare del Nord le navi mercantili in navigazion­e in giro per il mondo senza la possibilit­à di dare il cambio agli equipaggi (Epa)

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