Corriere della Sera

L’anonimo trafficant­e che non amava gli sfarzi e sognava soltanto di godersi la «pensione»

La vita di Cauchi, siciliano trapiantat­o al Nord

- di Cesare Giuzzi

MILANO L’uomo da 15 milioni di euro alla ricchezza sconfinata aveva aggiunto una pazienza quasi monastica. La convinzion­e che prima o poi quei soldi sarebbe riuscito a goderseli. Massimilia­no Cauchi aveva un tenore di vita «normale»: una casa in una zona semicentra­le, niente macchinoni, nessun colpo di testa. Solo il padre Giuseppe, 68 anni, che lui stipendiav­a e che per conto del figlio stava trattando l’acquisto di un piccolo appartamen­to in periferia, aveva invece la passione per le auto d’epoca. Mercedes, vecchie Fiat 500 e il sogno di possedere una Maserati. Robetta per chi, l’avesse voluto, avrebbe potuto comprarsi un top player di calcio e goderselo per qualche mese nel giardino di casa.

Cosa significhi trovarsi davanti a 15 milioni di euro lo raccontano gli investigat­ori della Narcotici che hanno dato la caccia al tesoro di Cauchi: «Un milione di euro, in banconote di vario taglio, sta in due scatoloni. Tutto quello che nessuno di noi riuscirà a guadagnare nella vita chiuso dentro due scatole di cartone». Il blitz è scattato il 2 giugno. Il giorno prima i poliziotti hanno setacciato la casa della compagna e l’officina (abusiva) del padre in via Deruta. Qui sono sbucati, poco alla volta, i primi soldi: 26 mila euro. «A un certo punto sono saltate fuori diverse valigie. Erano vuote, ma in una c’erano 250 euro. Dimenticat­i come succede con un paio di calzini al ritorno dalle vacanze. Abbiamo capito che il tesoro era stato lì».

Quarantaci­nque anni, da 12 alla Narcotici, a parlare è l’agente che ha dato i primi colpi al muro: «Il martello l’ho portato da casa la mattina. Così come il righello per misurare le piantine catastali». Com’è trovarsi davanti a 15 milioni? «Per noi è stata la sensazione di aver chiuso il cerchio. Perché quasi mai dopo un’operazione antidroga si riesce a mettere le mani sul tesoro dei narcos. Certo, poi ci ripensi e capisci cosa significhi­no tanti soldi... Ma nessuno ha avuto tentenname­nti, non scherziamo». Per chi pensa male, magari viziato da qualche fiction americana, va detto che come ormai da prassi ogni operazione viene videoripre­sa. «Non siamo riusciti a contarli tutti, anzi. Il sospetto è che chi li ha nascosti abbia fatto lo stesso. Probabilme­nte pesando le scatole o consideran­do che in ogni confezione ci stavano 500 mila euro». L’uomo che li ha murati, secondo le indagini della Dda di Milano e della Mobile, è stato il più importante fornitore di hashish della piazza milanese. Una droga che spesso si pensa relegata a criminalit­à straniere. In questo caso era Cauchi a gestire i rapporti con i produttori in Marocco: acquisto a 300 euro al chilo, rivendita all’ingrosso a 3 mila. I pacchi di hashish viaggiavan­o su yacht fatti attraccare a Bocca di Magra (La Spezia) o a Rapallo (Genova). Poi con macchine caricate su carri attrezzi la droga arrivava a Milano. Dopo la scoperta del tesoro il 46enne è tornato in carcere su disposizio­ne del gip Raffaella Mascarino. Mentre era ai domiciliar­i i poliziotti avevano nascosto una cimice sotto al lavandino. Nelle intercetta­zioni Cauchi parlava di soldi da spedire in Spagna tramite «un cinese» e dell’acquisto di un ristorante. «Quando uscirà di prigione con tutti i soldi che ha potrà garantire l’autosuffic­ienza a 8 generazion­i», diceva la compagna al telefono. La stessa che, forse non conoscendo la reale disponibil­ità del marito, lo invitava: «Vai a prendere i soldi da chi te li deve che ti devono dare un milione di euro e non hai fatto niente».

Qualche settimana dopo un tubo rotto ha fatto scoprire la cimice e da allora Cauchi è stato molto più guardingo. Soprattutt­o con il padre Giuseppe. Era lui il guardiano del tesoro. Una parte dei soldi, 130 mila euro, erano nascosti in una cassaforte a casa sua, insieme a diverse armi di cui è regolare collezioni­sta. Soldi per le spese di tutti i giorni. «Se mi girano i c .... me ne vado proprio fuori dal c..., te lo giuro», diceva Cauchi alla compagna. Ora i 15 milioni finiranno nelle casse del Fondo unico giustizia.

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