Corriere della Sera

Il tesoro dei narcos murato in casa

Milano, 15 milioni nascosti in una intercaped­ine. È il più grosso sequestro di contanti mai fatto in Italia

- C. Giu.

Una parte delle banconote aveva le prime tracce di muffa. Segno che negli ultimi due anni nessuno era andato a controllar­e il tesoro. E farlo sarebbe stato impossibil­e, perché quei 28 scatoloni dovevano restare lì fino alla «pensione». Fino a quando, come racconta la viva voce di Massimilia­no Cauchi, 46 anni, «mi faccio fare i documenti e me ne vado via».

Una sorta di vitalizio per una carriera da trafficant­e di droga quasi immacolata. Se non fosse per due inchieste, la prima della Dda di Bologna e la seconda di Milano, che indicavano Cauchi come il capo di un traffico di hashish dal Marocco da tre tonnellate e sei milioni di euro all’anno. Perché lui, nonostante una condanna in primo grado a 17 anni e 4 mesi, era praticamen­te incensurat­o. E a lungo un fantasma nel mondo criminale milanese dominato da narcos calabresi e trafficant­i di cocaina. Massimilia­no Francesco Cauchi, arrivato trent’anni fa con il padre da Scicli (Ragusa), invece aveva scelto un altro mercato. Quello di una droga che per molti è roba da «ragazzini», ma che garantisce rischi bassi e guadagni milionari.

Nei 28 scatoloni trovati dietro l’intercaped­ine di un muro realizzato nella casa del padre in via Casoretto 33 a Milano, i poliziotti della Mobile hanno trovato la cifra «stimata» di 15 milioni di euro. Tutti in contanti, tutti in banconote di vari tagli: esclusi 5 e 10 euro. Il più grande sequestro di contanti mai fatto in Italia. Quantità «stimata» perché i poliziotti sono riusciti a contare solo il primo degli scatoloni: 551.340 euro precisi. Il resto è finito nei forzieri della Banca d’italia, la sola struttura in grado di sanificare le banconote e di contarle tutte. Un sequestro che per il procurator­e capo Francesco Greco rilancia l’allarme sul contante: «Una disponibil­ità simile di denaro cash è destabiliz­zante rispetto ai rapporti economici legali. Così la criminalit­à in una fase di crisi può acquistare tutto».

«Ha talmente tanti soldi che i suoi figli possono stare bene per otto generazion­i», diceva la compagna a un’amica. Parole che insieme alle dichiarazi­oni di un pentito hanno convinto i poliziotti della Narcotici, guidati da Marco Calì e Domenico Balsamo, a non mollare le indagini dopo l’arresto dell’ottobre 2019. Da allora Cauchi era prima finito in una comunità, poi ai domiciliar­i nella casa di viale Monza. Il tutto nella speranza prima o poi di «mollare» e ritirarsi alla meritata pensione. La svolta dopo aver scoperto nel padre Giuseppe e in un muratore, Carmelo Pennisi, i complici del riciclaggi­o. «Spesso si ipotizza che i pagamenti dei narcos avvengano in bitcoin, ma la realtà è che il grosso è fatto con il contante, l’unico a non lasciare traccia», le parole del capo della Dda di Milano, Alessandra Dolci che ha coordinato l’inchiesta con i magistrati Adriano Scudieri e Francesca Crupi.

La banda di Cauchi teneva la droga dietro alle pareti dei box (1.100 chili nel 2018). La svolta è arrivata dall’analisi delle mappe catastali e da quei 40 centimetri mancanti in camera da letto, proprio dietro un armadio a sei ante. Li era nascosto il tesoro.

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Dietro al muro La demolizion­e della intercaped­ine dietro alla quale erano nascosti 28 scatoloni con oltre 15 milioni di euro, frutto del traffico di droga

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