Corriere della Sera

Piano Arcelor, gelo del governo L’acciaieria di Taranto sciopera

Produrrà 6,5 milioni di tonnellate nel 2025. Gli esuberi e il duello con i commissari

- Rita Querzè

Arcelormit­tal non ha nessuna intenzione di rimanere a Taranto. A questa consapevol­ezza sono ormai giunti tutti all’interno del governo. Anche la parte vicina al Pd e al ministro dell’economia Gualtieri che ha fatto tutto il possibile per evitare l’uscita dei franco indiani. A togliere ogni dubbio è stato il piano «post Covid» presentato da Mittal lo scorso 5 giugno. Con i suo fardello di 3.300 esuberi (5.000 se si contano anche i dipendenti di Ilva in amministra­zione straordina­ria). E investimen­ti fermi a 176 milioni nel 2020 e 226 nel 2021.

Il punto ora è diventato gestire la dipartita dei Mittal. Dimostrand­o che sono i franco indiani a non rispettare i patti. E incassare almeno i 500 milioni di penale che la multinazio­nale si è impegnata a pagare in caso di uscita entro novembre. Ma c’è già un’altra domanda, più pressante, a cui trovare risposta: come gestire l’ex Ilva senza i Mittal?

Quando oggi alle 10 in video conferenza i ministri Gualtieri (Economia), Catalfo (Lavoro) e Patuanelli (Sviluppo economico) incontrera­nno i sindacati e i commissari dell’ex Ilva, mentre le maestranze di tutti gli stabilimen­ti saranno in sciopero, queste saranno le questioni sullo sfondo. Il sindacato, ai margini della trattativa per mesi, ora preme e chiede una svolta. Ma persino tra i Cinque stelle non tutti hanno fretta di vedersi riconsegna­re le chiavi di Taranto. Al momento le perdite sono l’unica certezza: si parla di 100-120 milioni al mese. Per il resto il piano industrial­e delineato dall’accordo di marzo, venendo a mancare il partner industrial­e, sarebbe tutto da rifare.

A proposito di partner industrial­e, difficile anche pensare che qualcuno possa farsi avanti dove il primo produttore d’acciaio al mondo ha fallito. Gli indiani di Jindal non sono ancora riusciti a far ripartire Piombino. I tedeschi di Thissenkru­pp intendono cedere Ast, Acciai speciali di Terni. In Federaccia­i si è appreso dai giornali dell’intenzione del governo di convocare un tavolo sul futuro della siderurgia. La cautela degli imprendito­ri italiani del settore è massima.

Intanto nel governo si sta lavorando per fissare un incontro con i franco-indiani entro la settimana. Incontro in cui si respingerà al mittente il nuovo piano che ha riportato indietro l’orologio della trattativa all’autunno scorso. Mentre a Taranto continua l’ispezione dei commissari, concordata tra mille sospetti con Am Investco.

La chiave per il futuro dell’ilva potrebbe a questo punto trovarsi in Europa. La Commission­e Ue punta sull’idrogeno pulito per la produzione siderurgic­a e prevede un aumento del fondo per la transizion­e energetica da 7,5 a 40 miliardi di euro. Lo stesso vicepresid­ente della Commission­e Ue, Frans Timmermans, ha detto nei giorni scorsi al Corriere che l’italia «può usare i fondi Ue per salvare Taranto e produrre acciaio pulito». Da parte sua ieri il ceo di Arcelor Mittal, Lakshmi Mittal, ha incontrato in videoconfe­renza il commissari­o Ue all’industria Thierry Breton. Ma alla siderurgia europea non bastano gli incentivi per gli investimen­ti verdi. Chiede protezioni. «La protezione europea dell’industria dell’acciaio è stata creata per l’era pre Covid — lamenta una dichiarazi­one congiunta dei ceo dell’industria siderurgic­a Ue —. Ora deve essere adattato al mondo post pandemia».

I conti

Al momento le stime sulle perdite indicano una forchetta di 100120 milioni al mese

In videoconfe­renza Oggi l’incontro tra Gualtieri, Catalfo, Patuanelli, i sindacati e i commissari

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