Corriere della Sera

Sogno ancora un figlio

Silvio Orlando: sul set rivivo attraverso i personaggi il sentimento nascosto della mia paternità mancata

- Emilia Costantini

L’intervista L’attore tra i protagonis­ti del Napoli Teatro Festival. Nuovo film a settembre

Silvio Orlando, fra teatro e cinema, si sdoppia: da una parte dà voce a un bambino figlio di una prostituta, dall’altra interpreta un sorta di padre adottivo di un bambino in fuga, figlio di camorristi. La vita davanti a sé, dal romanzo omonimo dello scrittore lituano Romain Gary, è lo spettacolo di cui è protagonis­ta il 4 luglio nel cortile della Reggia di Capodimont­e, nell’ambito del Napoli Teatro Festival. Il bambino nascosto, dal romanzo omonimo di Roberto Andò, è il film che inizia a girare a settembre sempre nel capoluogo campano.

Curiosa coincidenz­a di due ruoli speculari. «Bè, direi di sì, soprattutt­o per me che non ho avuto figli, faccio il figlio e il padre. Il sentimento nascosto della mia paternità mancata, che rivivo attraverso questi personaggi – ammette Orlando – ha qualcosa di straziante. Tante volte ho pensato a come avrebbe potuto essere un mio figlio immaginari­o, quello che non ho mai avuto. Momò, dieci anni, è il ragazzino arabo del romanzo di Gary, ambientato nel quartiere multietnic­o Belleville di Parigi: viene cresciuto da Madame Rosa, ex prostituta ebrea che si prende cura degli “incidenti sul lavoro” di colleghe più giovani. Ciro, dieci anni, è il bambino che, sentendosi in pericolo, si rifugia a casa di un musicista, da me impersonat­o: un uomo abituato a vivere da solo e che si ritrova con questo problemino da gestire. Poi l’istinto paterno di protezione prende il sopravvent­o».

In palcosceni­co, un monologo, sia pure accompagna­to da un ensemble di musicisti. Sul set, invece, non è da solo. «Non si capisce perché in teatro si possano fare solo monologhi, per non parlare poi delle tournée nei mesi invernali, le vedo molto complicate. Il futuro del teatro è molto incerto, a differenza del cinema che, nell’incertezza, ha linee guida più chiare: troupe ristretta, si fanno tamponi a tutti, si lavora in gruppo però più tranquilli».

Il problema, per il teatro, è la paura della prossimità, soprattutt­o tra gli spettatori. «La cura del fisico è importanti­ssima, ma è importante anche la cura della mente, dello spirito. Una cosa senza l’altra, non ci rende persone, ma macchine funzionant­i. Ci curiamo, ci salviamo, ma non ci miglioriam­o: il teatro è crescita intellettu­ale, ci cambia, ci migliora, occorre sfruttarne le potenziali­tà. Non so quanti teatri possano sopravvive­re con platee contingent­ate: per un attore guardare la platea semivuota è avvilente, per non parlare poi della sofferenza economica. E per questo vorrei lanciare una proposta».

Quale? «Creare un fondo interno tra gli attori che, per

Sulla panchina Silvio Orlando in una scena del film del 2010 «Genitori & figli - Agitare bene prima dell’uso», di Giovanni Veronesi esempio come me, lavorano di più e che possono versare una percentual­e dei propri incassi a favore dei colleghi che non lavorano: un banco di mutuo soccorso. Ci promettono finanziame­nti a pioggia, che chissà come e quando si vedranno... poi bisogna pure vedere chi li gestisce questi fondi. Se sono amministra­ti come quelli che, dopo il terremoto nell’irpinia, furono controllat­i dalla camorra, andiamo bene... Invece questo fondo deve essere gestito da noi direttamen­te».

Tornare a recitare dal vivo è una rinascita? «Assolutame­nte sì. È anche un atto di fede per il futuro. È tornare a parlare al pubblico, proponendo un testo con dei contenuti. In tutti questi mesi siamo stati subissati da testi di altro genere: decreti legge, bollettini medici, proclami ministeria­li... Durante il lockdown ci siamo anche infiacchit­i, diciamo la verità: io non sono mai uscito di casa per 7 settimane, neanche per portare giù la spazzatura».

Tanta paura del contagio? «Non io, piuttosto mia moglie (l’attrice Maria Laura Rondanini ndr). È un’integralis­ta, e in fondo ha anche ragione, perché io invece sono un po’ fatalista... lei pensava che dovessimo stare chiusi in casa incellofan­ati. Un giorno, che mi sono avvicinato a un’amica attrice e per salutarla le ho sfiorato la guancia, mi ha redarguito duramente come avessi partecipat­o a un’orgia. Mia moglie, d’altronde, aveva già prima della pandemia l’idea che il mondo fosse infetto: il Covid-19 è stato il trionfo della sua teoria. Ma adesso si cambia, finalmente, si torna alla creatività artistica: è l’unica cosa che so fare, so solo recitare e andare in scena, se non posso fare questo, la mia vita non ha senso. Si apre un sipario simbolico, oltreché reale, e la cosa mi riempie il cuore di gioia».

Proposta anti crisi

Mutuo soccorso per il palcosceni­co: chi lavora, come me, darebbe una parte ai disoccupat­i

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 ??  ?? Il cardinale di Sorrentino Silvio Orlando in «The New Pope» di Paolo Sorrentino. Nella serie con Law e Malkovich interpreta il cardinale Angelo Voiello
Il cardinale di Sorrentino Silvio Orlando in «The New Pope» di Paolo Sorrentino. Nella serie con Law e Malkovich interpreta il cardinale Angelo Voiello

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