Corriere della Sera

La vittoria di Pirro e il paradosso della Federcalci­o

- Di Roberto De Ponti

Èla vittoria di Gravina, sarà la sconfitta di Gravina. Il presidente della Federcalci­o, nel suo scontro frontale con la Lega di serie A, non si è accontenta­to di rimettere in gioco l’algoritmo, che potrebbe decidere chi retroceder­à se il campionato non dovesse terminare sul campo, ma già che c’era ha fatto rientrare dalla finestra i playoff e i playout che nei giorni scorsi erano usciti dalla porta. Un atto di forza nei confronti della Lega, che pure dovrebbe avere il diritto di gestire il campionato che organizza, ma anche un autogol che potrebbe costargli la poltrona di presidente alle prossime elezioni, in programma nel 2021, prima o dopo l’estate non è dato sapere. Dopo questa decisione, Gravina Gabriele da Castellane­ta sa che quando sarà il momento di andare alle urne la serie A gli farà scontare questo sgarbo. Ma sa anche che Francesco Ghirelli, presidente della Lega Pro, magari ieri ha portato i suoi voti alla causa della maggioranz­a ma di sicuro non ha gradito il ritorno di playoff e playout in un campionato che aveva già chiuso i battenti. E soprattutt­o sa che Cosimo Sibilia, presidente della Lega Dilettanti che ha votato «per coerenza» promozioni e retrocessi­oni, fra qualche mese sarà il suo avversario nella corsa alla presidenza della Figc. Quando si andrà alle urne, i Dilettanti varranno il 34% dei voti. La Lega Pro il 17, la serie A il 12. Tradotto: Gravina si è già giocato la maggioranz­a. Ma il punto non è quello. La realtà è che il calcio di serie A, che con i suoi mille difetti resta comunque il motore trainante del pallone — per non dire dell’intero sport — italiano, non può contare in Consiglio federale appena per un ottavo dei voti. E il povero Gravina qui non ha colpe. È il sistema che va rivisto. Sarebbe da ripensare l’intera governance. Perché è sacrosanto che le linee guida vengano decise dalla Federazion­e ma siamo sicuri che sia giusto che siano i voti della Lega Dilettanti, solo per fare un esempio, a stabilire la classifica di un torneo che non la riguarda? Se poi un domani non troppo lontano la Lega di A dovesse decidere di ribellarsi e di allontanar­si dal controllo della Figc, strutturan­dosi come una Nba (fatti salvi i meriti acquisiti sul campo, perché non siamo in America), chi potrebbe dire che sbaglia? In Europa i club di prima fascia ci stanno già provando. Per rimanere al basket, in Eurolega, ci sono già riusciti. E anche la Premier League, pur sempre con la supervisio­ne della FA, viaggia per conto proprio. Perché i soldi, quelli veri, alla fin fine dove stanno?

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