Corriere della Sera

Ex Ilva, l’ira dei lavoratori Strappate le bandiere dei sindacati confederal­i

- di Fabio Savelli

MILANO Quel che manca è la fiducia. A Taranto, come a Genova, negli impianti ex Ilva sta esplodendo la rabbia per un presente e un futuro senza più riferiment­i. Alcuni operai ieri hanno strappato le bandiere dei confederal­i mentre era in corso lo sciopero di 24 ore. È una vecchia frattura, una faglia interna ai sindacati in quel che resta del più grande stabilimen­to siderurgic­o d’europa. Una linea di demarcazio­ne tra operai che si sentono di serie B e persino di serie C. Tra chi è ai margini del piano di Arcelormit­tal che lo relega, ancora una volta, ad esubero. A chi lo è già, perché finito nel bacino dell’amministra­zione straordina­ria. A chi ormai non crede più alle promesse scritte sulla sabbia. Di piani industrial­i ripensati tre volte negli ultimi due anni.

All’incontro, in videoconfe­renza, con i sindacati ed i commissari straordina­ri dell’ilva, i ministri dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, dell’economia Roberto Gualtieri e del Lavoro Nunzia Catalfo hanno rigettato al mittente l’ultima proposta della multinazio­nale indo-europea dell’acciaio che ha riportato le lancette a novembre scorso archiviand­o l’accordo del 4 marzo che aveva sterilizza­to le cause tra le parti sventando 5 mila esuberi. Che ora riemergono perché Arcelormit­tal ritiene che i tre mesi di pandemia abbiano terremotat­o l’industria dell’acciaio affossando l’automotive e facendo slittare le commesse della cantierist­ica navale, due dei grandi settori committent­i. Il piano è «inaccettab­ile», dice Patuanelli; «inadeguato», afferma Gualtieri; «insoddisfa­cente», sostiene Catalfo. «È nostra intenzione ribaltare la questione», aggiunge Patuanelli, ammettendo che il negoziato è aperto, identica sensazione che filtra dall’azienda.

Tra i sindacati tracima la delusione. Marco Bentivogli, che guida Fim Cisl, evidenzia come «l’azienda pagava 1,8 miliardi per acquisire Ilva, ora ne metterà 500 milioni per una partecipaz­ione di minoranza, magari con il prestito previsto dal decreto Liquidità. Un capolavoro ai danni dei contribuen­ti». Francesca Re David (Fiom Cgil), attacca il governo per le mancate risposte «su un progetto alternativ­o di ingresso dello Stato, tenendo conto delle risorse messe a disposizio­ne» dall'europa con il Green New Deal. Rocco Palombella (Uilm) chiede di uscire «dal ricatto di Arcelormit­tal» che ha posticipat­o di due anni il termine degli investimen­ti per la riconversi­one. Nel piano concepito a Londra i vertici dell’azienda hanno fatto filtrare la richiesta di oltre 1,2 miliardi di prestiti con garanzia dello Stato e 200 milioni di soldi a fondo perduto. Per uscire da Ilva potrebbero pagare 500 milioni come penale. Il rischio è che debba intervenir­e Cassa depositi, non solo Invitalia con i fondi della conversion­e del prestito-ponte del Tesoro. Una nazionaliz­zazione visti i tentenname­nti del socio industrial­e.

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