Corriere della Sera

Il giallo del foglio con il patto sui nomi Meloni: gli accordi non si ridiscuton­o

- Tommaso Labate

«Mettiamola così. Io non ho nessun foglietto e Fratelli d’italia non fa politica con i foglietti. Dopodiché ci sono degli accordi che abbiamo preso quando stavo al 6 per cento, non vedo perché debbano essere ridiscussi ora che sto al 15». Il foglietto di cui parla Giorgia Meloni, negando di averlo con sé, è la prova regina che inchiodere­bbe Matteo Salvini a quegli accordi sui candidati alle prossime Regionali che la Lega ora vuole rimettere in discussion­e. Un pezzo di carta su cui, ha annotato ieri il Giornale, è impressa la spartizion­e delle nomination per i candidati governator­e su cui il centrodest­ra, prima dell’emergenza Covid, aveva trovato l’accordo, con in calce le firme di tutti i leader. Firma che oggi la Lega è pronta a rimangiars­i. L’essere già su piazza all’epoca in cui Giulio Andreotti pronunciav­a l’adagio dell’«a pensar male si fa peccato ma quasi sempre si indovina», probabilme­nte, è stata la molla che aveva spinto Ignazio La Russa, braccio operativo del partito della Meloni, a chiedere che quell’accordo venisse sottoscrit­to su un foglio di carta. L’ex titolare della Difesa, uno dei pochi che aveva previsto l’ascesa dei consensi di FDI ai danni della Lega, aveva preteso che il patto per le Regionali venisse verbalizza­to. E infatti nelle settimane successive, in particolar modo dopo che il sogno salviniano di conquistar­e l’emilia rossa si era infranto contro Stefano Bonaccini, La

Russa si era vantato tra i colleghi. «Verranno a chiederci di rivedere gli accordi ma io ho il foglietto…». Cinque mesi dopo, riecco La Russa. «Scriva così. La Russa, due punti, aperte virgolette. “Non confermo l’esistenza del foglietto”». Va bene, non la conferma. Ma la smentisce? «Non la confermo ma nemmeno la smentisco». Allora il foglietto c’è. «Se anche ci fosse, non ci sarebbe alcun bisogno di tirarlo fuori. C’è un accordo e quell’accordo si può anche cambiare. Ma solo se tutte le parti sono d’accordo. Tanto non c’è bisogno di un foglietto, che se ci fosse non tirerei mai fuori, per ricordare agli amici del centrodest­ra quello che avevamo deciso». Fratelli d’italia non molla la Puglia né le Marche. Pensa che forse si potrebbe ragionare su un candidato civico in Campania ma Forza Italia — lo dice Giorgio Mulè — «è graniticam­ente compatta sul sostegno a Stefano Caldoro». Il problema è che nessuno molla niente. Ma soprattutt­o, è il malizioso pensiero affidato dalla Meloni agli amici, «il problema vero è che Salvini non vuol ritrovarsi il solo a perdere in partenza, avendo lui scelto per sé la Toscana quando pensava di poter vincere in Emilia». Sembra di essere ripiombati nel 2005, quando le carte bollate dirimevano contese politiche. L’epoca in cui Clemente Mastella avvertiva i compagni di coalizione del centrosini­stra che «questi accordi su liste e programma li andiamo tutti insieme a firmare davanti a un notaio». Ovviamente, c’era più di un semplice foglietto. Ma andò a finire male. Nonostante ci fosse un pubblico ufficiale di mezzo.

La strategia di La Russa

Fu il numero due di Fratelli d’italia a dire di fare le scelte per iscritto: non confermo e non smentisco, ma per cambiarle serve il sì di tutti

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