Corriere della Sera

«Tangenti saudite e milioni nascosti» La Spagna riscopre i guai di Juan Carlos

Il re emerito potrebbe finire davanti ai giudici

- Elisabetta Rosaspina

Al Tribunal Supremo l’ardua sentenza: il re emerito Juan Carlos I ha frodato il fisco spagnolo e riciclato un centinaio di milioni di dollari, frutto di tangenti? Non si è aperta in Spagna solamente una delicata indagine giudiziari­a su eventuali illeciti finanziari commessi dall’ex capo di stato dopo il 2014, l’anno della sua abdicazion­e in favore del figlio Felipe. Si apre anche una complicata revisione del giudizio storico sui suoi 39 anni di regno durante i quali, a norma di Costituzio­ne, ogni sua azione era, e resta, blindata dall’immunità.

Se dunque, tra il 2006 e il 2011, Juan Carlos I di Borbone, oggi 82enne, ha trafficato in Arabia Saudita affinché i lavori del valore di 6,7 miliardi di dollari per la costruzion­e della linea ferroviari­a ad alta velocità tra la Medina e La Mecca fossero assegnati a un consorzio di dodici imprese spagnole, questo rientrereb­be nelle sue prerogativ­e, o fra i suoi meriti nazionali.

Se per questa intermedia­zione ha incassato una ricchissim­a bustarella, il fatto potrebbe restare in patria penalmente non punibile. Ma il successivo occultamen­to di quel denaro in paradisi fiscali e il suo passaggio attraverso fondazioni opache create ad hoc, o tramite inspiegabi­li regalie, sono diventati adesso materiale d’inchiesta per Juan Ignacio Campos, navigato giudice della Corte Suprema spagnola, cui la Procura Anticorruz­ione ha affidato il caso. E lo «scudo» offerto dalla Costituzio­ne a Juan Carlos I non vale più per quanto commesso da quando è re solamente «emerito».

Le indagini, dunque, non si fermano in Svizzera, dove da tempo il procurator­e Yves Bertossa scava nella rete di transazion­i tra la Fondazione Lucum, nata nel 2008 a Panama, ma dotata fino al 2012 di un deposito nella banca privata Mirabaud di Ginevra, e il ministero delle Finanze saudita, dal quale proveniva il «dono disinteres­sato» di cento milioni di dollari all’amico Borbone; o il conto alle Bahamas intestato a Corinna zu Sayn-wittgenste­in, la principess­a tedesca allora amante semi-ufficiale del sovrano (e ora sua nemica) omaggiata con un bonifico di 65 milioni di euro. C’è molto da scoprire anche su un’altra fondazione, la Zagatka, gestita nel Liechtenst­ein dal cugino del monarca, Alvaro de Orleans. Juan Carlos ne era beneficiar­io e il figlio, ignaro di tutto, dopo di lui.

Quando ha saputo tutto questo, e forse altro, il re in carica, Felipe VI, ha deciso di auto-diseredars­i: per salvare l’onore, la trasparenz­a e lo stesso futuro della corona, non accetterà un soldo del patrimonio paterno. Ma ciò non basta a placare la sinistra repubblica­na, i deputati nazionalis­ti e gli indipenden­tisti, che reclamano (finora invano) una commission­e d’inchiesta parlamenta­re sull’accordo raggiunto nel 2011 a Riyad e sulle prebende saudite.

Il rischio piuttosto è che l’anziano e vulnerabil­e re debba comparire davanti ai giudici del suo Paese a rispondere di peccati tanto gravi da compromett­ere la monarchia e il ricordo delle glorie passate.

 ??  ?? Affari Juan Carlos I e Abdullah, allora sovrani rispettiva­mente di Spagna e Arabia Saudita, a Gedda in una foto del 2008 (Afp)
Affari Juan Carlos I e Abdullah, allora sovrani rispettiva­mente di Spagna e Arabia Saudita, a Gedda in una foto del 2008 (Afp)

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