Corriere della Sera

Indagato Cesaro, arrestati i 3 fratelli «Legati ai clan da affari e favori»

Napoli, le accuse al senatore di Forza Italia

- Www.corriere.it Fulvio Bufi

NAPOLI Il punto 2 del capo di imputazion­e è dedicato tutto a loro, i quattro fratelli Cesaro: Luigi, berlusconi­ano dei tempi d’oro e ancora oggi senatore di Forza Italia, e poi Antimo, Aniello e Raffaele. Il primo solo indagato, gli altri tre arrestati (Antimo in carcere, Aniello e Raffaele ai domiciliar­i) «per aver fornito un concreto, specifico, consapevol­e e volontario contributo alla conservazi­one, all’operativit­à e al rafforzame­nto dell’associazio­ne camorristi­ca denominata clan Puca», scrive il gip nell’ordinanza di quasi 1.500 pagine, contenente 59 misure cautelari, che disegna anni di malaffare a Sant’antimo, il paese della provincia di Napoli dove al massimo si esprimono il peso e la potenza sia dei Cesaro che dei Puca.

Dall’indagine, coordinata dalla Direzione distrettua­le antimafia e condotta dai carabinier­i del Ros, emerge come e quanto il potere politico e imprendito­riale degli uni e quello camorristi­co degli altri viaggino in realtà sullo stesso binario, e perseguano gli stessi scopi. Ai Cesaro è contestato il concorso esterno in associazio­ne mafiosa. Avrebbero fatto affari con i Puca sia nella gestione del centro polispecia­listico Igea, di cui è titolare Antimo, che in quella della galleria commercial­e Il Molino, di proprietà di Aniello e Raffaele, che rientra tra i beni per i quali il gip ha disposto il sequestro. In entrambi i casi i Puca sarebbero stati soci occulti dei Cesaro, dividendo con loro i considerev­oli utili ma non dimentican­do mai che le regole in queste cose le impone la camorra. Infatti quando, dopo l’arresto del capoclan Pasquale Puca, Antimo Cesaro smise di essere puntuale con i versamenti, che venivano raccolti dalla mamma del boss, il centro

Igea subì un attentato incendiari­o e la macchina di Aniello fu bersagliat­a di proiettili.

Ma gli affari si fanno anche con la politica. Anzi, a Sant’antimo si fanno soprattutt­o con la politica. Ed è qui, nel territorio a lui più congeniale, che entra in scena Luigi Cesaro. Sin dal 2007, e ancora nel 2017, alle ultime consultazi­oni, sarebbe stato lui il principale interlocut­ore della camorra locale per pilotare le elezioni comunali. Compravend­ita

Luigi Cesaro, eletto deputato per la prima volta nel ‘96

di voti e incarichi politici e dirigenzia­li affidati a uomini di fiducia, soprattutt­o in quell’ufficio tecnico comunale che è il cuore delle concession­i edilizie e dell’assegnazio­ne di appalti, e che nell’ultima consiliatu­ra (nel marzo scorso l’amministra­zione è stata sciolta per infiltrazi­oni mafiose) i Cesaro e i Puca sarebbero riusciti a controllar­e nonostante il centrodest­ra fosse all’opposizion­e, a causa di un imprevisto guaio giudiziari­o che al momento del ballottagg­io fece saltare l’operazione di voto di scambio.

Non è la prima volta che i Cesaro, Luigi compreso, finiscono in un’inchiesta di camorra. Ma forse con quest’ultima indagine si potrà archiviare per sempre l’immagine strappa-risate che accompagna il senatore di Forza Italia. Dal soprannome Giggino ‘a purpetta, agli strafalcio­ni, al diktat che in un discorso pubblico diventa tic tac, o a quella volta che a una manifestaz­ione chiese ai suoi: «Addò sta l’inviato ‘e iutubb? Si ‘o cchiapp ‘o faccio correre», perché aveva scoperto che Youtube era pieno di video delle sue gaffe.

Il suo faccione e tanti di questi aneddoti hanno contribuit­o a creare il personaggi­o del politico divertente. Ma quello che emerge dall’inchiesta della Dda di divertente non ha nulla. La Procura avrebbe voluto arrestare anche lui, però il gip ha respinto. Ma solo per una questione tecnica di utilizzo delle intercetta­zioni.

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A Roma
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