Dalila e l’adolescenza rubata I demoni di Margherita Nani
Narrativa Dopo il romanzo su Mengele, «La confessione» (Francesco Brioschi): un prete abusa di una 14enne
Dalila è una ragazzina di quattordici anni «con le spalle troppo strette e i calzini rosa con sopra le ciliegie». Frequenta assiduamente la chiesa di Sant’eulalia, nel quartiere San Giovanni a Roma, dove è parte del coro sin da quando era bambina. E qui, proprio nel luogo in cui avrebbe dovuto essere più al sicuro, incontrerà don Franco, «il suo demone camuffato da angelo», che la violenterà e la invischierà in un rapporto morboso e malato. È il tema de La confessione, il secondo romanzo di Margherita Nani, la scrittrice classe Duemila già vincitrice con L’ospite del Premio internazionale di letteratura Città di Como e la più giovane tra i candidati presentati al Premio Strega 2020. Entrambi i libri sono editi da Francesco Brioschi.
Ancora una volta Nani sceglie di indagare sul perverso rapporto tra un adulto, che rappresenta il male, e un’adolescente, che è l’emblema del bene, della purezza. Se ne L’ospite Joseph Mengele, il medico nazista che condusse atroci esperimenti sui deportati ebrei, era attratto da Pia Souza, figlia degli affittacamere che a Candido Godoi, nel cuore del Brasile, lo ospitavano, ne La confessione don Franco, un prete burbero, intelligente, amante della musica e perfezionista utilizza il suo potere per attirare Dalila in una trappola: «Era uno di quegli adulti che mi faceva raggomitolare su me stessa, vergognandomi: mi faceva sentire piccola, un embrione, un qualcosa privo di forma» dice lei nel libro.
«Io sono cattolica, molto osservante — spiega Nani —, tendo a fare vita di parrocchia. Questo libro non vuole essere un attacco clericale. Mi interessava il tema degli abusi sessuali e ho scelto di ambientarlo in un posto dove dovrebbe esserci il bene e si nasconde il male. Nel pensarlo mi sono ispirata a Notre-dame de Paris di Victor Hugo, a Il monaco di Matthew Gregory Lewis e a Uccelli di rovo di Colleen Mccullough». La confessione è stata scritta di getto, in un solo anno, tra il 2018 e il 2019, quando l’autrice non aveva ancora pubblicato il suo primo romanzo. La trama si sviluppa nel quartiere in cui vive Margherita: «Volevo provare a descrivere una realtà che conosco bene dal vivo» spiega.
Un’abilita di Nani, che si riscontrava anche ne L’ospite, è quella di non descrivere mai personaggi in bianco e nero ma pieni di sfumature. Don Franco, per esempio, non è soltanto un prete malvagio: è chiaro che ha una sua umanità e che è dilaniato da quello che ha fatto: «Non penso sia una persona con cui si possa simpatizzare — dice l’autrice — ma non lo volevo rappresentare solo come un mostro cattivo. Doveva avere un suo sapore. Dalila prova per lui molti sentimenti».
E veniamo alla ragazzina insicura, «che non si sente mai abbastanza e non sa mai in che stanza mettersi». Orfana di padre, cresciuta da una madre tutta casa e chiesa, Dalila è in cerca di punti di riferimento. È in quella fase adolescenziale in cui si sogna l’amore ma lei non riesce a invaghirsi di nessuno: «Pensava al sesso come a un incantesimo che poteva essere generato solo da un profondo legame tra due esseri umani».
Colpisce che entrambe le protagoniste dei romanzi siano molto vicine all’età di Nani ma lei assicura che non ci sono elementi autobiografici: «Sicuramente per me è stato più facile narrare una ragazzina che un bambino maschio, mi sono anche rivista in lei. Ma mi discosto sempre dalle storie che scrivo. Non c’è nulla di autobiografico. Io non sono Dalila e non sono Pia».
Come tutte le vittime di abusi sessuali Dalila si sente in qualche modo responsabile di quello che è successo: «Ho paura che una colpa invisibile aleggi su di me, una colpa che sono sempre riuscita a non vedere ma che gli altri mi leggerebbero subito addosso».
Dopotutto, dice più volte, non c’era stato bisogno di minacce: «Io non voglio farti del male. Voglio solo che tu mi renda soddisfatto. E tu non mi vuoi rendere soddisfatto?» aveva detto don Franco prima della violenza. E lei aveva ubbidito: «Mi trattò come se fossi uno strumento musicale, sistemandomi nella stanza come più gli piaceva, arrivando a toccare le corde più profonde del mio essere».
Un libro che ci fa aprire gli occhi su quante violenze consumate e taciute si nascondono magari molto spesso dietro a un sorriso innocente di una ragazzina di appena quattordici anni, che non riesce a confessare una cosa di per sé troppo grossa. Dalila riuscirà a togliersi il macigno che ha sul cuore soltanto molto tempo dopo. E lo farà, non a caso, in un confessionale, davanti a un altro prete, don Giuseppe, un uomo di cui si fida. «È una persona gentile, quel tipo di persona che con le buone maniere e l’onestà ottiene il rispetto di chiunque. Il tipo di persona che rende il mondo un posto tollerabile, il tipo di persona davvero tagliata per il sacerdozio».
La scelta «Non attacco la Chiesa Mi interessava il tema degli abusi e ho scelto un’ambientazione»