Virus: i Paesi poveri saranno più poveri
In termini di impegni finanziari, la risposta alla pandemia e ai lockdown data dai governi dei maggiori Paesi è stata senza precedenti. Un’analisi del Csis (Center for Strategic and International Studies, uno dei più prestigiosi think-tank americani) ha stimato che le nazioni del G20 abbiano mobilitato settemila miliardi di dollari, alla data del 29 maggio: è il 10,3% della somma dei loro Pil del 2019 (il recovery fund da 750 miliardi della Ue, ancora non ufficiale, non è conteggiato, come non sono calcolati gli interventi delle banche centrali). Di questi, 3.500 miliardi di dollari sono spesa diretta da parte dei governi, le garanzie valgono 2.400 miliardi, le riduzioni delle tasse mille miliardi, altre voci cento milioni. Nel gruppo delle venti maggiori economie, quelle considerate più avanzate hanno in media messo in campo stimoli per il 12,4% dei loro Pil. Anche i Paesi emergenti e in via di sviluppo, che stanno subendo ora la piena della pandemia, si sono mossi ma con minori disponibilità: in media del 4,6% dei loro Pil. La Germania, per dire, sta effettuando uno stimolo pari al 19,3% del Pil, grazie soprattutto ai surplus del bilancio pubblico degli anni scorsi e al basso debito. Gli Stati Uniti del 13,6%, il Regno Unito del 13,7%, la Francia del 9,5%, il Giappone del 14,3%, l’italia del 14,3%. Di contro, il Brasile si ferma al 4,6%, l’argentina al 3,8%, l’india al 5,2%, il Sudafrica al 6%. La Cina ha per ora programmato uno stimolo pari al 5,6% del Pil, meno della metà di quello che fece durante la crisi 2008-2009. Naturalmente, i rimbalzi delle economie non saranno direttamente proporzionali al denaro mobilitato: il risultato dipenderà molto dalla qualità delle economie stesse, dai danni che hanno subito, dall’efficacia degli interventi, dalle istituzioni che li effettuano. È però evidente che la reazione immediata ai danni dei lockdown influirà in modo diverso sulla velocità delle riprese economiche dopo una recessione che — come ha notato la Banca mondiale — tocca contemporaneamente un numero di Paesi (oltre il 90%) come non accadeva dal 1870. In un mondo che, tra il 1980 e il 2015, aveva visto ridursi la povertà assoluta dal 43 al 10%, è alta la probabilità che la tendenza si rovesci, soprattutto nei Paesi più deboli, e che i passi avanti fatti nella Sanità e nell’istruzione siano vanificati, soprattutto se, al di là del denaro pubblico immesso nelle economie, si affermeranno politiche nazionaliste e protezioniste.