Di Matteo insiste: metodo mafioso nelle scelte sui magistrati
«Io dissi, lo ridirei e lo affermo anche oggi, che privilegiare nelle scelte che riguardano la carriera di un magistrato il criterio dell’appartenenza a una corrente o a una cordata di magistrati è molto simile all’applicazione del metodo mafioso». L’ex pm del processo sulla trattativa Stato-mafia, Nino Di Matteo, oggi componente del Consiglio superiore della magistratura, torna a parlare intervistato da Massimo Giletti nell’ultima puntata di Non è l’arena, su La7. «La valutazione del lavoro di un magistrato, o le nomine per incarichi direttivi condizionate dal criterio dell’appartenenza sono assolutamente inaccettabili», continua il magistrato, che sui progetti di riforma del Csm che il governo si appresta a proporre dice: «Più che le riforme serve a mio parere una svolta etica, un cambiamento vero che deve riguardare la mentalità dei consiglieri, ma deve riguardare la mentalità di tutti magistrati. L’appartenenza non può condizionare le scelte, quando si tocca il fondo è il momento buono per ripartire. Dobbiamo trovare la forza di invertire per primi noi la rotta, prima che qualcuno possa approfittare di questa situazione di mancanza di credibilità della magistratura per riforme che hanno uno scopo che non possiamo mai accettare: sottoporre di fatto la magistratura a un controllo da parte del potere politico».