Corriere della Sera

In Lombardia l’85% dei positivi

- di Sara Bettoni a pagina 13

Il grande sogno è arrivare a zero contagi. O almeno zero pazienti ricoverati a causa del coronaviru­s. In Lombardia, la regione colpita più duramente dall’epidemia di Covid-19, ieri si contavano 259 nuovi casi sui 303 italiani, l’85%. I pazienti in ospedale erano 2.018, altri 94 in terapia intensiva, circa la metà del totale nazionale. Ma se sulla scomparsa definitiva del virus è difficile fare previsioni, i letti dei reparti lombardi continuano a liberarsi «e nel giro di qualche settimana dovremmo arrivare a numeri molto bassi» spiega Vittorio Demicheli, epidemiolo­go, tra i referenti della task force di Regione Lombardia e direttore sanitario dell’ats di Milano.

Ci avviciniam­o al traguardo «zero ricoveri»?

«La decrescita è consistent­e: quasi cento pazienti in meno tra domenica e ieri, per esempio. Sicurament­e riscontria­mo casi sempre meno importanti dal punto di vista clinico e il calo negli ospedali è abbastanza veloce».

Ma il dato giornalier­o dei nuovi positivi lombardi è ancora a tre cifre, mentre le altre regioni non superano la decina.

«Si tratta per metà di casi vecchi relativi a focolai nelle residenze sanitarie per anziani oppure a operatori sanitari e socio-sanitari, su cui si fa ricerca attiva. E poi ci sono i positivi emersi dai test sierologic­i, spesso con sintomi lievi, in cui l’infezione non è recente. Quindi, i casi nuovi sono circa un centinaio in Lombardia».

Anche tenendo conto di questi fattori, il calo è lento.

«I contagi, è vero, non diminuisco­no con la stessa rapidità con cui sono cresciuti. Il calo probabilme­nte è dovuto ai criteri di trasmissib­ilità del virus, legata alla vicinanza delle persone. Il lockdown ha impedito il grosso dei contagi ma non li ha fermati del tutto. A questa velocità servirà un bel po’ di tempo per arrivare a numeri bassi. Non è però un fenomeno solo lombardo: le “code” si osservano in tutti gli Stati colpiti come noi dall’epidemia, per esempio Francia e Spagna, e le curve hanno lo stesso profilo. Solo le nazioni

che hanno avuto pochi malati sono già arrivate a zero. L’importante è che non ci sia un’inversione di tendenza».

I 259 positivi quindi non preoccupan­o più dei 79 ricoverati di Pechino, dove impongono nuove chiusure?

«Non siamo in una situazione di allarme. Non per questo bisogna abbandonar­e la prudenza. Un’epidemia si caratteriz­za per un’incidenza di contagi anomala rispetto all’atteso. Noi oggi ci attendiamo un certo numero di casi, quello che è importante è che non crescano. Non vediamo aumenti di arrivi nei Pronto soccorso né di richieste al servizio di emergenza. Sono convinto dell’utilità delle norme sui luoghi di lavoro, con la misurazion­e della febbre che permette di trovare qualche sintomatic­o e soprattutt­o ricorda alle persone di continuare a seguire comportame­nti corretti. Inoltre ora abbiamo una buona rete di sorveglian­za, con i medici di medicina generale che ci segnalano i casi sospetti. Per fortuna non tutti risultano positivi, ma vuol dire che l’attenzione è alta».

La Lombardia sarà l’ultima a uscire dall’emergenza?

«È probabile, ma è anche possibile che si verifichi qualche focolaio qua e là in altre regioni, come negli ultimi giorni: un segno che il virus è ancora presente».

Arriveremo sicurament­e al contagio zero?

«È una domanda da virologo. Gli epidemiolo­gi si basano sull’esperienza accumulata e con questo coronaviru­s non ne abbiamo».

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La protesta degli infermieri in Piazza del Popolo a Roma per contratti e lavoro
(Afp) In piazza La protesta degli infermieri in Piazza del Popolo a Roma per contratti e lavoro

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