Contagi, ora Pechino chiude scuole e sport
Le autorità hanno messo oltre 200 mila persone in quarantena. L’accusa: «Colpa del salmone europeo»
Strade di periferia chiuse da rozze barriere in lamiera piazzate in fretta; comprensori residenziali del centro hanno riattivato checkpoint presidiati da vigilanti riparati sotto ombrelloni (il sole picchia già a 35 gradi). Nel giro di poche ore Pechino è caduta dal mito «zero contagi» al conteggio dei nuovi ricoveri e alla nuova imposizione di controlli e chiusure.
Secondo i dati delle autorità, ieri sera 200 mila persone erano già in quarantena a casa, in attesa di essere sottoposte a test dell’acido nucleico (il tampone). I 200 mila in isolamento sono i pechinesi che potrebbero essere entrati in contatto con il mercato di Xinfadi, dove giovedì era stato individuato il primo malato, dopo 55 giorni senza nemmeno un caso. Sabato i contagi con sintomi erano solo 7, tutti ancora passati dal mercato, domenica erano 43, ieri sono saliti a 79. Non sarebbero ancora numeri drammatici, in una megalopoli di 22 milioni di abitanti. Tokyo ieri ha segnalato 48 nuovi casi, quasi senza fare notizia e venerdì riaprirà tutte le attività. Ma Xi Jinping già a gennaio aveva posto l’obiettivo strategico di «difendere la capitale dal nemico invisibile», dall’epidemia. Quest’ordine spinge gli amministratori a stringere le precauzioni. Una ventina di comunità residenziali sono state messe in «modalità bellica»; le scuole elementari sono chiuse, attività sportive e culturali sospese di nuovo in tutta Pechino, gran dispiegamento di personale in tuta protettiva ermetica che va a bussare porta a porta per chiedere alla gente se ha avuto contatti con Xinfadi.
Il primo focolaio è stato individuato nella periferia meridionale, dove sorge il mercato Xinfadi che rifornisce di frutta, verdura, carne e pesce il 90% della megalopoli. Tutti i contagiati sono collegati a quell’aera di magazzini, banchi, uffici amministrativi, parcheggi per camion e carretti che si estende su un’area vasta come 160 campi di calcio allineati. Ci lavorano 10 mila persone e molte altre si spostano per la distrubuzione dei prodotti. E infatti i nuovi contagi sono segnalati già nella metà dei 16 distretti di Pechino. Sono saliti al secondo livello più alto di allarme Fengtai, dove sorge il mercato, Mentougou, a Ovest, Daxing, a Sud-ovest, Xicheng, cuore della città, Haidian Chaoyang, a Est.
L’azione di contenimento delle autorità è stata rapidissima e la gente non ha voglia di violare le regole, perché si è subito creato un clima d’ansia. Per la vicepremier Sun Chunlan, veterana della battaglia di Wuhan, il nuovo rischio che il coronavirus si diffonda ancora è «molto alto» e le «complicazioni saranno di lungo termine»: Xinfadi è il motore alimentare di Pechino, ma rifornisce altre province della Cina, dallo Hebei allo Shandong. Due ammalati nel Liaoning e tre nello Hebei scoperti ieri sono stati ricondotti al focolaio di Pechino. Ci si chiede se sia l’inizio della temuta seconda ondata o una situazione «normale».
Gli scienziati di tutto il mondo sono ormai convinti che il coronavirus non possa essere cancellato, ma che ci si debba convivere in attesa del vaccino. Basta osservare distanziamento sociale, igiene personale. A Pechino sono più radicali: vorrebbero azzerare il Covid-19 per dire alle masse (e al mondo) che il Partito-stato trionfa anche sul fronte sanitario.
Le autorità di Pechino ripetono che ormai il contagio arriva dall’estero: a Xinfadi sono state trovate tracce di coronavirus nella zona dove si preparava per la vendita di salmone «importato». E secondo la Commissione sanitaria, il genoma di questo virus che circolava nel grande mercato «è di ceppo europeo». Per dare ulteriore soddisfazione ai pechinesi, sono stati censurati e licenziati il vicecapo del distretto Fengtai di Pechino dove sorge il mercato; il segretario di partito del circondario; il general manager di Xinfadi.
55 i giorni trascorsi senza nemmeno un contagio. Poi però è scoppiato un nuovo focolaio al mercato
22 i milioni di abitanti di Pechino, terza città più popolata al mondo dopo Chongqing e Shanghai
10 mila le persone che lavorano nel mercato di Xinfadi dove è stato individuato il nuovo focolaio di coronavirus