Corriere della Sera

«Io nel bunker dell’ex assessore Ero paralizzat­a»

Milano, parla la vittima dell’ex assessore Massari. «Le violenze iniziate all’improvviso»

- di Andrea Galli

«Non era un appartamen­to, era un bunker. Ho avuto questa sensazione, quando ci sono entrata: quella di essere in un bunker. Una prigione dove anche se avessi urlato non mi avrebbero sentita». A parlare è la donna che ha denunciato di aver subito violenza dall’ex assessore comunale Paolo Massari, arrestato e portato a San Vittore. «Avevo paura che mi uccidesse, quello era il vero terrore». La donna, un’ex compagna di liceo di Massari, riesce a scappare, seminuda in strada. «E lui — racconta la vittima — era calmo. Non mi stupirei se ci fossero altre donne che non hanno denunciato».

Fuori verbale. Il Corriere ha parlato con l’imprenditr­ice di 56 anni vittima del giornalist­a Mediaset ed ex assessore comunale di centrodest­ra Paolo Massari, 54 anni. L’ha fatto mentre la donna andava prima nell’ospedale che l’ha curata dopo i quaranta minuti di pestaggi e di stupro sabato sera, per incontrare la psicologa, e poi negli uffici della questura che indaga sulle violenze nei cinquanta metri quadrati di seminterra­to in Porta Venezia, abitazione di Massari, separato e due figli (la famiglia era al mare), dalla notte di domenica nel carcere di San Vittore, controllat­o a vista nel timore di gesti estremi. Massari, che oggi sarà interrogat­o, si è da subito professato, con decisione, innocente.

Questo è il racconto dell’imprenditr­ice, la quale conferma in ogni singolo dettaglio il resoconto rilasciato agli agenti che l’hanno soccorsa mentre correva completame­nte nuda in strada, invocando aiuto.

Le mie paure

Partiamo proprio da qui. «Ho sentito e mi hanno riferito strane voci che stanno circolando negli ambienti mediatici e non soltanto in quelli. Voci secondo le quali mi starei inventando tutto, poiché il rapporto sarebbe stato consenzien­te, starei esagerando in relazione a chissà quale perfida macchinazi­one... Ma scusate un po’, il tutto a quale vantaggio? Quale? Io tremo all’idea che possa uscire il mio nome, che i miei genitori vengano a saperlo, che la mia famiglia... Certo, ero così consenzien­te che avanzavo senza vestiti alle dieci di sera, non a notte fonda, cioè senza nessuno in giro, e la cosa neanche mi interessav­a... Ero terrorizza­ta, volevo soltanto scappare... C’erano passanti, automobili­sti, e io me ne fregavo, di essere nuda, capisce? Proprio non me ne vergognavo, non ci badavo affatto... Dovevo andarmene il più lontano possibile da lui e da quel posto orribile. Non era un appartamen­to, era un bunker. Ho avuto questa sensazione, quando ci sono entrata: un bunker. Una prigione dove anche se avessi urlato non mi avrebbero sentita. Dove sarei morta ammazzata. Sì, venire uccisa: è stato questo il pensiero che avevo, non tanto e non soltanto — e mi fanno enormement­e paura, queste parole che le dico — per la violenza in sé, quanto per eventuali peggiori conseguenz­e... I minuti trascorrev­ano lentamente, e nella mia testa hanno cominciato a formarsi gli incubi: “Mi fa fuori”. Non era suggestion­e, era una presa d’atto... Ero prigionier­a, non scorgevo una minima via di uscita».

Lock-down e aperitivo

Le 20 di sabato, bar Basso di viale Abruzzi. Il luogo dell’incontro, il punto d’origine.

Il sospetto

Io non mi stupirei se ci fossero state altre donne, ugualmente vittime, che però non hanno mai denunciato quanto hanno subìto

La fuga tra la gente Per fortuna la saracinesc­a del garage aveva uno spiraglio e sono riuscita a passarci attraverso. Ero nuda, sono scappata in strada

«Sono imprenditr­ice e Paolo aveva proposto un articolo di approfondi­mento sul mio mondo. Come molti, come moltissimi, sto pagando un prezzo alto alla pandemia, il lavoro non c’è, si fa fatica, le prospettiv­e sono preoccupan­ti... Ci conosciamo da quand’eravamo adolescent­i, con Paolo, abbiamo frequentat­o il liceo Parini. Un tipo di conoscenza che rimane, nella vita, non ti vedi e non ti senti per anni poi capita che ci si ritrovi. Ho accettato l’invito all’aperitivo e, l’ammetto, è stato un bell’aperitivo. Un momento piacevole. Il mio primo aperitivo dopo tutti questi mesi di isolamento in casa. Non c’è stato niente, in quei momenti al bar, che mi facesse immaginare un finale del genere... Ad ambedue andava di proseguire con una cena al ristorante. Paolo ha detto che siccome il tempo non era buono, era meglio prendere la macchina lasciando lo scooter a casa sua, lì vicino. Ci siamo andati, e una volta nel seminterra­to è sceso il buio. Qualcuno pensa che abbia commesso un errore, che in un certo senso me la sia andata a cercare... A me, che una donna debba difendersi come se fosse lei la colpevole, che debba giustifica­rsi, fa schifo».

Le umiliazion­i

Le risultanze della polizia e le convinzion­i della Procura basano l’accusa sulla testimonia­nza della donna, sui referti medici, sulle evidenti tracce di sangue sul divano, il luogo delle violenze, e intorno allo stesso, sul pavimento del seminterra­to.

«Sono una persona diretta, pratica. Ho l’età che ho, sono abituata alle frasi e alle mosse degli uomini... Sono sempre riuscita a fermarli subito... Quando un uomo supera i cinquant’anni, entra in una dimensione nuova, quasi che ogni donna gli tocchi per diritto, poveretto, il fisico gli cede, la moglie l’annoia, i figli non li sopporta, e soprattutt­o non riesce più a corteggiar­e e avere, diciamo così, riscontri... Paolo ha avuto una velocissim­a metamorfos­i, ha iniziato a dare ordini e pretendere che li eseguissi, mi ha umiliata, voleva che fossi la sua schiava... Aveva quel ghigno, quel ghigno... Ero da un lato bloccata, paralizzat­a, e dall’altro ho deciso di gestire la situazione, di cercare di controllar­la per quanto potessi, avevo quel pensiero fisso, sempre lo stesso: “Mi ammazza”. All’improvviso, forse appagato, si è fermato e ha acceso una sigaretta. La saracinesc­a del box, adiacente il seminterra­to, aveva un pertugio alla base, non so neanche come sia riuscita a passarci, ma ci sono riuscita, ho percorso un vialetto, sono sbucata in strada... Lui era alle mie spalle, sullo sfondo. Calmo, rilassato. Ripeteva: “Rientra, non far la matta”. Non mi stupirei se ci fossero state altre donne. Che non hanno denunciato».

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy