«Grillo è contro di me? Amen» Di Battista tira dritto e agita il M5S
Tra i deputati c’è chi lo difende: il garante esagera. Di Maio: non è questa la priorità
«Amen». Ostenta indifferenza Alessandro Di Battista al feroce tweet di Beppe Grillo che — parole dell’ex deputato — lo «manda a quel paese». Se ne farà una ragione, sembra dire, come se si trattasse del giudizio sommario di un esponente qualunque del suo partito. Eppure quel tweet è il punto d’approdo di una divergenza politica, e forse umana, con il fondatore, uno dei due «padri», insieme a Gianroberto Casaleggio. Una divergenza cominciata con le trattative per il governo con il Pd, che è anche il punto di partenza di una trattativa che dovrà porre le basi di un nuovo Movimento inclusivo di tutte le anime o, nel peggiore dei casi, di una scissione dolorosa e pericolosa per le sorti elettorali dei 5 Stelle.
Di Battista sapeva che avrebbe scatenato reazioni forti, ma forse non si aspettava che scendesse in campo il fondatore, «il patriota», come lo ha chiamato spesso. L’ipocrisia politica e i trascorsi entusiasmanti giovanili non consentirebbero di portare allo scoperto certe asprezze. Ma Grillo, evidentemente, ha ritenuto che l’offensiva dell’ex parlamentare andasse fermata con le maniere forti. Paragonare ai terrapiattisti e ai gilet arancioni il prossimo «congresso» M5S, come l’ha chiamato Di Battista, demolendo anni di retorica 5 Stelle contro i partiti e le correnti, è un affronto diretto a Di Battista, accusato di essere rimasto intrappolato nel passato. «Grillo ha un po’ esagerato», ammette Alessio Villarosa. E in effetti le tesi di Di Battista saranno discutibili, ma legittime in una formazione politica. L’anomalia, in realtà, è che nessuno dei due è stato eletto da nessuno.
L’ex deputato non si tira indietro. Spiega a Quarta Repubblica: «Ieri ho parlato di congresso e delle mie idee e Beppe mi ha mandato a quel paese. Io ho delle idee e, se non siamo d’accordo, francapuntuali. mente, amen». Poi ribadisce la richiesta di anticipare gli Stati generali.
Intervenendo sui social e in tv, Di Battista nega di voler spaccare il Movimento: «Scissione? Figuriamoci, ho parlato chiarissimo. Io sono del Movimento, voglio solo rafforzarlo». Strano modo, commentano ai piani alti, ma l’ex deputato continua anche nella strategia di indebolimento del governo. Le mine che lascia dalle parti di Palazzo Chigi sono, per ora inesplose, il no frontale al Mes, il fondo salva Stati che assilla il premier, e la legge sul conflitto d’interessi. Sulla quale dice: «Il conflitto di interessi non riguarda più (solo) Berlusconi. Ne ho parlato ieri e anche oggi gli attacchi sono arrivati Vado dritto!».
Nel Movimento 5 Stelle ci si interroga su cosa fare. L’idea che Grillo prenda in mano il partito sembra più un desiderio di qualche parlamentare, ma è sostanzialmente impraticabile. Più facile che si vada verso il politburo, l’ufficio politico o segreteria collegiale. Un luogo dove siano rappresentate tutte le anime, Di Battista compreso. Sempre che Grillo — che come dice Roberta Lombardi non sbaglia mai — non abbia altri piani. Luigi Di Maio, invece, all’aria che tira si candida a paciere: «Conosco Grillo e Di Battista dall’inizio. Sono sicuro che siamo dalla stessa parte». Quanto agli Stati Generali: «Li ho lanciati io. I dettagli li decide Crimi, ma non credo che siano la priorità dell’italia. Io mi voglio dedicare al Paese. Non mi schiero con nessuno». Conte alla guida dei 5 Stelle? «È stato proposto dal M5S e se desse una mano al Movimento io sarei contento, ovviamente nel rispetto del suo ruolo». E quando Myrta Merlino gli chiede se, invece, non vuole essere lui a ritornare leader, Di Maio svicola.
L’affondo
L’ex deputato continua a posare mine contro il governo: oltre al Mes, il conflitto di interessi