Corriere della Sera

Furlan (Cisl): servirebbe un nuovo patto sociale, come con Ciampi nel ‘93

«Le urgenze? Produzione e occupazion­e»

- di Claudia Voltattorn­i

«Ci sono stati sintonia e ROMA punti di condivisio­ne», dice. Ma aggiunge subito: «Ora si passi all’azione, perché la situazione è grave, bisogna agire presto, tutti insieme». Per la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan, invitata dal premier Giuseppe Conte con gli altri leader sindacali di Cgil e Uil agli Stati generali dell’economia, l’incontro con il governo di ieri «può essere un punto di partenza per far ripartire il Paese, ma serve concretezz­a».

Cosa avete chiesto al premier e ai ministri presenti?

«Un patto sociale, come quello che fece Carlo Azeglio Ciampi nel ‘93, le condizioni sono diverse, ma serve lo stesso spirito: qui c’è bisogno di tutti, governo, sindacati, opposizion­i, nessuno si può tirare indietro, né pensare alle bandierine o alle spaccature, questo è il momento della responsabi­lità da parte di tutti».

Vi sono piaciuti i 9 punti presentati dal premier?

«Su molte cose c’è condivisio­ne, su altre, come il salario minimo confermiam­o la nostra contrariet­à, ma concentria­moci su cose più urgenti».

Quali sono le urgenze?

«Produzione e occupazion­e: con la previsione di caduta del Pil di 9 punti abbiamo davanti una crisi che preoccupa moltissimo, con ricadute fortissime sui lavoratori e sulle imprese, servono interventi su questo».

Avete chiesto la proroga del divieto dei licenziame­nti fino a fine anno?

«Sì, e gli ammortizza­tori sociali. Ma bisogna pensare anche alle imprese, il sostegno ai lavoratori va di pari passo con le imprese: il lavoro deve unire e garantire crescita e occupazion­e. Ecco perché pensiamo ad un patto sociale che passi attraverso la contrattaz­ione per alzare la produttivi­tà e favorire la partecipaz­ione nell’industria, nella pubblica amministra­zione e nei servizi».

Le aziende dopo la ripresa stanno faticando moltissimo e si prevede un autunno ancora più duro.

«Vanno sostenute nella loro ricapitali­zzazione, ma anche nella loro capacità di innovazion­e e formazione dei propri dipendenti. Poi c’è la riforma fiscale per tagliare le tasse a lavoratori e pensionati e per combattere finalmente l’evasione fiscale. Serve anche un sistema fiscale che premi le imprese, defiscaliz­zi il lavoro e lo incentivi, soprattutt­o quello di donne e giovani».

Cosa pensa del Recovery Fund?

«Che è un’opportunit­à, nemmeno un euro deve essere sprecato: servono obiettivi e risposte concrete. Questa epidemia ci ha fatto capire cosa va rivisto nel nostro Paese, tanti paradigmi non vanno ripetuti, questa grande quantità di risorse va utilizzata seguendo questo principio».

Cosa va rivisto?

«Sanità, politiche industrial­i, pubblica amministra­zione da riformare, fisco, Mezzogiorn­o, infrastrut­ture materiali e immaterial­i: questa può diventare davvero un’occasione per il nostro Paese, ma non perché ce lo dice l’europa, ma perché l’italia ne ha bisogno, dobbiamo farlo per le nuove generazion­i».

E poi c’è la scuola...

« È l’unico settore dove ancora non è stato previsto un protocollo per la riapertura, invece è urgentissi­mo. Ma la scuola deve essere un ascensore sociale: bisogna investire, nell’edilizia, nell’innovazion­e, nelle persone, solo così il Paese può crescere».

d Ora c’è bisogno di tutti: governo, sindacati, opposizion­i, nessuno si tiri indietro, è il momento della responsabi­lità

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