Ospedale di Alzano, primi due indagati
Mancata chiusura, ipotesi epidemia e omicidio colposi Gori: Fontana ci disse che non poteva fare la zona rossa
BERGAMO Procedono sia l’inchiesta della magistratura, sull’ospedale di Alzano, sia le polemiche politiche sulla mancata definizione, a inizio marzo, della zona rossa nello stesso Comune della Val Seriana e a Nembro. In Procura ci sono i primi due indagati sulla gestione del Pronto soccorso, che fu chiuso e riaperto nel giro di tre ore, il 23 febbraio, dopo la scoperta dei primi due contagiati, poi deceduti.
L’ipotesi è di epidemia e omicidio, colposi. L’identità delle persone sotto inchiesta non è nota. Nessun dirigente e nessun medico dell’azienda socio sanitaria territoriale di
Seriate, competente su Alzano, avrebbe ricevuto al momento informazioni di garanzia. Come persone informate sui fatti erano stati sentiti, già prima di metà maggio, l’ex direttore della Sanità regionale Luigi Cajazzo, il direttore generale dell’asst di Seriate Francesco Locati e il direttore sanitario Roberto Cosentina.
Tutti avevano spiegato che il Pronto soccorso era stato riaperto soprattutto per far fronte all’epidemia e non perdere un presidio sul territorio: i magistrati tentano di capire se i pazienti con sintomi sospetti, ricoverati da più giorni prima di quel 23 febbraio, dovessero essere gestiti diversamente e se, a causa della loro presenza, non fosse necessaria una sanificazione più specifica sia del Pronto soccorso sia dei reparti. L’intervento, secondo le dichiarazioni del dg Locati, era stato eseguito da personale interno, a differenza di quanto avvenuto a Codogno (lì il Pronto soccorso rimase chiuso tre mesi).
E in serata, durante il Consiglio comunale di Bergamo (in streaming) è andata in onda una lite furiosa tra il sindaco Giorgio Gori e la Lega. Al centro, di nuovo, le accuse dei leghisti a Gori di aver fatto pressioni contro la zona rossa. Un attacco per il quale il sindaco arriva a minacciare querele, mettendo sul tavolo un dettaglio mai prima raccontato: «Il 7 marzo, l’ultimo giorno prima che venisse chiusa tutta la Lombardia — il racconto di Gori —, il presidente Attilio Fontana disse a me e ad altri sindaci che aveva consultato i suoi esperti costituzionalisti, i quali sostenevano che la Regione non avesse potere di istituire la zona rossa. Alla luce di quanto avvenuto in altre regioni ritengo che quella indicazione, ammesso l’abbia ricevuta, non era corretta, come poi ha ammesso l’assessore Giulio Gallera».
La vicenda
● La Procura di Bergamo indaga sulla gestione del Pronto soccorso di Alzano
● Al registro degli indagati sono iscritti i primi due nomi: le ipotesi di reato sono epidemia e omicidio colposi
Poi Gori chiarisce la sua posizione: «Non ero contrario alla zona rossa e nessuno ha fatto pressioni. A Roma parlavo con i parlamentari del mio partito, non con il presidente del Consiglio o con il ministro della Sanità — dice , tornando anche sulle campagne per invitare la gente a uscire, a fine febbraio —. Molti amministratori del Nord si sentirono mossi dagli ambienti economici a dare un segnale di resilienza, io l’ho fatto il 26 febbraio sui social. Lo ritengo un errore da parte mia».