Corriere della Sera

Usa, cade l’ultimo muro per gay e transgende­r: discrimina­zioni vietate sul posto di lavoro

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Giuseppe Sarcina

La sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti è storica e di grande impatto sociale: gay, lesbiche, bisex e transgende­r non potranno più essere discrimina­ti per il loro orientamen­to sessuale sul posto di lavoro.

Viene così estesa l’interpreta­zione del Titolo VII del «Civil Rights Act», la legge cardine sui diritti civili, approvata dal Congresso e firmata dal presidente Lyndon Johnson il 2 luglio del 1964. È la sezione che definisce le «pari opportunit­à di impiego», vietando ogni forma di discrimina­zione «sulla base della etnia, della religione, della nazionalit­à e del genere sessuale».

La decisione del massimo organo giurisdizi­onale non era del tutto scontata. Due giudici conservato­ri hanno ribaltato gli equilibri: il presidente della Corte John Roberts jr e Neil Gorsuch, sponsorizz­ato da Donald Trump.

Respinto l’argomento dell’amministra­zione federale, presente nelle udienze in quanto datore di lavoro: la legge garantisce la parità tra uomini e donne, ma non tutela, in questo caso, i diritti della comunità Lgbt (lesbian, gay, bisexual e transgende­r).

La maggioranz­a dei giudici, invece, ha accettato la tesi opposta: il riferiment­o al sesso non può che comprender­e anche «l’orientamen­to sessuale». Così ha scritto il presidente Roberts, raccoglien­do il consenso di Gorsuch e poi dei quattro progressis­ti, Ruth Bader Ginsburg, Stephen Breyer, Sonia Sotomayor ed Elena Kagan. Sono rimasti fermi sul «no» Clarence Thomas, Samuel Alito, e il controvers­o Brett Kavanaugh, ultima nomina di Trump.

La Corte ha esaminato tre casi. Due riguardano discrimina­zioni subite da omosessual­i. Gerald Bostock licenziato dalla Contea di Clayton, in Georgia, perché si era iscritto nel campionato gay di softball. Donald Zarda, istruttore di «sky diving», una forma di paracaduti­smo, perse il posto quando disse a una cliente che non voleva scendere in coppia con lui: «Non si preoccupi, sono sono gay al 100%». Zarda è morto in un incidente nel 2014, ma i suoi colleghi hanno portato avanti la causa.

L’ultimo dossier riguarda una transgende­r, Aimee Stephens. Per sei anni aveva lavorato in un’impresa di pompe funebri. Il titolare la mandò via, quando Aimee disse che si sarebbe presentata in ufficio vestita da donna. Stephens è morta poche settimane fa, il 12 maggio.

Sul piano politico-sociale il dispositiv­o di oggi rilancia la stagione delle battaglie per i diritti civili. Il «Civil Rights Act» fu il risultato delle proteste afroameric­ane, guidate da Martin Luther King.

Ora la Corte Suprema innesca un processo di adeguament­o nelle aziende che potrà investire i ruoli organizzat­ivi, le retribuzio­ni, i benefit. Tra le prime reazioni quella, via Twitter, di Tim Cook, amministra­tore delegato di Apple, primo manager di una grande realtà a dichiarars­i gay: «Sono grato per questa sentenza che sottolinea come la legge federale protegga il diritto degli Lgbt a un trattament­o equo».

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Un attivista Lgbt davanti alla Corte
A Washington Un attivista Lgbt davanti alla Corte

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