Corriere della Sera

«A mio zio diceva sempre: ci penso io alle medicine»

- N. Cat.

Giuseppe Bastiani vive ad Appignano del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno, e fa l’autista. Era affezionat­o a quello zio, Vincenzo Gabrielli, muratore in pensione dal carattere un po’ burbero che aveva sposato la sorella del padre, Enrichetta. Entrambi erano ospiti della Rsa di Offida. Entrambi sono morti nel giro di cinque mesi. Lei, secondo quanto ricostruit­o dagli inquirenti, è deceduta per cause naturali, ictus e un successivo blocco renale. Lui, invece, è morto per una crisi ipoglicemi­ca ed è una delle otto vittime sospette. «Ho appreso come stavano le cose — racconta Giuseppe — dopo che i carabinier­i bloccarono il funerale di mio zio perché fosse eseguita l’autopsia. La mattina del 23 febbraio dell’anno scorso mi chiamarono dalla Rsa dicendomi che stava male. Aveva problemi di ipoglicemi­a. Lo portarono all’ospedale di Ascoli, gli fecero una flebo, sembrava essersi ripreso, così decisero di ritrasferi­rlo nella residenza sanitaria. Mio zio aveva 94 anni e non camminava più ma stava sostanzial­mente bene, quei valori degli zuccheri nel sangue sembravano così strani. Si alzavano e si abbassavan­o di colpo. Mi richiamaro­no la domenica mattina per dirmi che era morto». Giuseppe era di casa nella Rsa di Offida dove i suoi zii erano ospiti. E quando Enrichetta li lasciò, decise di fare visita anche più frequentem­ente allo zio. Durante quelle visite conobbe Leopoldo Wick. «Spesso mi fermavo a parlare con lui, Vicky, era l’unico che riuscisse a tenere calmo mio zio, era sempre gentile e pieno di attenzioni, non riesco a credere che sia stato lui a ucciderlo». Attenzioni e premure che ora appaiono inquietant­i. «Rilassati, non ti preoccupar­e, te le darò io le medicine», gli diceva sempre.

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