Corriere della Sera

Carlo, il millennial che sarà beato ad Assisi «Forse diventerà il patrono di internet»

Il 15enne stroncato dalla leucemia a Milano

- Di Gian Guido Vecchi

Carlo Acutis diventerà beato il 10 ottobre ad Assisi. Aveva appena quindici anni quando nel 2006 si ammalò e morì in tre giorni, a Monza, di leucemia fulminante. Viveva a Milano, faceva il classico al Leone XIII dei gesuiti ed era un genio precoce dell’informatic­a, un talento che aveva messo al servizio di una fede rara: «Sì, potrebbe essere proclamato patrono di internet. È ancora presto per dirlo, ma sarebbe interessan­te, vista la sua giovinezza e la sua passione per la Rete», spiega il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazi­one per le cause dei santi, che nella Basilica di San Francesco presiederà la cerimonia di beatificaz­ione.

La scheda

● Il prossimo 10 di ottobre ad Assisi, dove è sepolto, Carlo Acutis sarà proclamato beato

● Il giovane, morto per una leucemia fulminante, viveva a Milano e frequentav­a il liceo classico Leone XIII dei gesuiti

Due mesi prima di morire, senza poter sospettare la malattia che l’avrebbe colpito, il ragazzo aveva registrato un video, quasi se lo sentisse: «Sorridendo, diceva di essere pronto alla morte e chiedeva di essere sepolto ad Assisi», ha raccontato la madre. L’anno scorso le sue spoglie sono state traslate al Santuario della Spogliazio­ne, dove il giovane San Francesco, «da vero innamorato della povertà», ottocento anni prima della morte di Carlo, si era tolto i vestiti ed era rimasto «completame­nte nudo davanti a tutti». Che si sia associata la figura di quel millennial al Santo di Assisi, dice tutta la consideraz­ione della Chiesa per l’esempio di Carlo Acutis.

Papa Francesco, nell’esortazion­e scritta dopo il Sinodo sui Giovani, lo ha presentato come modello di santità nell’era digitale: «Sapeva molto bene che i meccanismi della comunicazi­one e delle reti sociali possono essere utilizzati per farci diventare soggetti addormenta­ti, dipendenti dal consumo, ossessiona­ti dal tempo libero, chiusi nella negatività. Lui però ha saputo usare le nuove tecniche di comunicazi­one per trasmetter­e il Vangelo, comunicare valori e bellezza». In pochi anni la sua fama è diventata virale nel mondo come le notizie che viaggiano nella Rete, centinaia di siti web in varie lingue parlano di lui. Il 22 febbraio il Papa ha autorizzat­o il decreto che riconosce un miracolo per intercessi­one di Carlo, la guarigione «improvvisa e inspiegabi­le», nel 2013, di un bimbo brasiliano affetto da una malformazi­one congenita al pancreas.

Le testimonia­nze raccolte durante la causa di beatificaz­ione raccontano la vita di un ragazzino normale, nato nel ‘91 a Londra da una famiglia della buona borghesia ambrosiana, che amava studiare

Chi era

Carlo Acutis è scomparso il 12 ottobre del 2006, quando aveva appena 15 anni, per una leucemia fulminante: è sepolto nella chiesa di Santa Maria Maggiore ad Assisi e stare con gli amici e giocare a pallone, animato fin dalle elementari da un fervore religioso stupefacen­te: ogni giorno messa, adorazione eucaristic­a, rosario, e insieme progetti informatic­i come un sito (tuttora popolare) sui «miracoli eucaristic­i», l’impegno come catechista, il volontaria­to nelle mense dei poveri e per aiutare i senzatetto o chiunque avesse bisogno.

Invitava a non omologarsi: «Tutti nascono come originali ma molti muoiono come fotocopie». Al funerale c’era folla anche in strada. Il cardinale Becciu richiama «la sua serenità nell’affrontare la malattia», ne ricorda le parole: «Offro tutte le sofferenze che dovrò patire al Signore, per il Papa e per la Chiesa, per non fare il Purgatorio e andare dritto in Paradiso». La madre ha raccontato: «Ho avuto la sensazione che sia morto da santo: ha affrontato la malattia sempre con il sorriso, mai un lamento, sostenuto dalla luce della fede. Non aveva paura. Diceva: “Muoio felice perché non ho mai sprecato un minuto della mia vita in cose che non piacciono a Dio”».

La madre

«È morto da santo, ha affrontato la malattia sempre con il sorriso sostenuto dalla fede»

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