IMPRENDITORE O INVESTITORE? RUOLI E FUNZIONI DELLO STATO
Ripresa La pandemia in corso ha creato degli equivoci di fondo sull’intervento pubblico, confondendone fini e mezzi
Caro direttore, la pandemia in corso ha creato degli equivoci di fondo sulle funzioni di imprenditore o di investitore dello Stato confondendone fini e mezzi. Lo Stato dovrebbe esercitare il suo ruolo imprenditoriale di fronte a fallimenti del mercato ovvero in fasi drammatiche del ciclo economico, limitandosi però a sostenere lo sviluppo delle imprese private, controllandone l’operato ma non sostituendole. La sostituzione, invece, rischia di oscillare fra la concorrenza sleale ai privati, ai quali non vengono lasciati spazi adeguati di crescita sul mercato interno, indebolendone così la competitività internazionale, e il posizionamento su segmenti di mercato inefficienti, con spreco di risorse pubbliche. Vi sono, come noto, eccezioni che sono giustificate da attività strategiche per i cittadini (beni pubblici o di interesse pubblico), ma dovrebbero essere rare ed in ogni caso garantire concorrenza che si traduce in libertà di scelta.
La funzione di imprenditore che guida e sostiene lo sviluppo di interi settori funziona invece quando lo Stato opera come un cliente esigente, competente e innovativo nei bisogni che intende soddisfare. Si pensi al ruolo che in alcuni Paesi svolgono i ministeri della Difesa, degli Interni, della Salute e dell’istruzione/università. È intuibile che non è necessario essere in un’economia di guerra per tirare la volata di start-up tecnologiche o di imprese consolidate che rinnovino radicalmente la loro offerta. Basterebbe «dichiarare» guerra alle malattie, al degrado ambientale o alla povertà educativa per attivare benefici analoghi a un’economia di guerra per generare ritorni economici correlati a ritorni sociali, misurabili in maggiore inclusione e mobilità sociale. Quale straordinario effetto potrebbe avere uno Stato che investisse in un sistema di medicina del territorio tecnologicamente avanzato, integrando telemedicina,
Compiti Sostenere lo sviluppo delle imprese private, controllandone l’operato ma non sostituendole
micro-robotica, 5G, micro-diagnostica, piattaforme di biosorveglianza, e così via? E quanto straordinario potrebbe essere lo stimolo alla crescita delle eccellenze che nella «mezzaluna biomedicale» si estendono dall’emilia-romagna al Piemonte?
È opportuno sottolineare anche il ruolo dello Stato imprenditore che finanzia la ricerca amplificando la natura plurale dell’impatto che la stessa produce. L’impatto della ricerca infatti non si limita alla produzione di input prontamente applicabili per avviare processi innovativi, ma si estende allo sviluppo di strumenti scientifici, alla creazione delle comunità scientifiche e soprattutto alla formazione dei ricercatori, che irrobustisce il nesso virtuoso tra ricerca e innovazione. L’azione di ricerca permette l’acquisizione di metodi e di human skill (es. teamwork) che possono essere utilizzati anche nello sviluppo industriale e nel dominio manageriale.
Lo Stato imprenditore è quindi capace di operare in settori economici fondamentali, in cui nessun altro potrebbe operare con pari efficacia, producendo mercato e competitività diffusa. Riducendo
Possibilità Sottoscrivere obbligazioni da convertire in azioni a lunga scadenza, in simmetria con quanto si chiede all’ue
il rischio e la portata dei fallimenti del mercato ovvero attivando un’offerta di risorse pregiate e una domanda innovativa che altrimenti il Paese non produrrebbe, con la conseguenza di una perdita di competitività internazionale.
Gli equivoci invece incombono: si cita spesso lo Stato imprenditore come sinonimo di gestore, in via diretta o indiretta, di imprese o come attore virtuoso che ne influenza la governance nel ruolo di azionista, seppure di minoranza. Sull’equivoco dello Stato imprenditore, si giustappone quello sullo Stato investitore, diventando così l’altra faccia — forse più buia — dello stesso equivoco. Mentre è indubbio che gli aiuti alle imprese, in questa fase, debbano avere la natura paziente del capitale di rischio senza finalità di rendimento comparabile al mercato, è altrettanto certo che avere lo Stato comproprietario seppure in minoranza significa ampliare a dismisura l’intermediazione politica dell’economia.
Lo Stato investitore paziente, peraltro, non è sinonimo di Stato azionista. Lo Stato che soccorre imprese in difficoltà a causa di una calamità, infatti, potrebbe investire attraverso la sottoscrizione di obbligazioni da convertire in azioni a lunga scadenza, in simmetria logica e cronologica con quanto si chiede all’unione Europea, con condizionalità legate a basilari principi di sana gestione. Ad esempio, con meccanismi di rimborso delle obbligazioni legati alla contribuzione fiscale. Una quota dell’imposta, che le imprese risanate e rilanciate produrranno, su un orizzonte decennale potrebbe essere annualmente devoluta al rimborso delle obbligazioni. E a fine periodo, la quota residua eventualmente non rimborsata potrebbe essere convertita in azioni nei successivi cinque anni ma con gradualità, secondo il principio del «periodo di pazienza» che ci si attende dallo Stato investitore. Si tratta solo di esempi di come potrebbe essere configurato l’intervento di uno Stato che vuole essere Imprenditore e Investitore, efficace e paziente ma non invadente. Professore di Marketing, Luiss
Rettore Luiss