La nuova vita dei fondi Pir a sostegno delle pmi
«Il 2020 segna il ritorno dei Pir», i piani individuali di risparmio, «nei portafogli degli investitori». Ci pensa il vicecapo di gabinetto del Mef, Stefano Scalera, a riaccendere i fari su un prodotto di risparmio e investimento nelle pmi che il governo, con il decreto rilancio, vuole rinvigorire. Dapprima lo sblocco del mercato dei Pir tradizionali; ora il varo di quelli alternativi, per farli investire nelle pmi anche non quotate e così stimolare la crescita delle imprese del Paese. Scalera ha parlato ieri a un evento in vista del Salone del Risparmio. È un sistema che va a finanziare le pmi, segmento di mercato solo parzialmente seguito con i Pir tradizionali, ha detto Tommaso Corcos, ceo di Fideuram. I Pir si possono organizzare in modi diversi e molti strumenti, con l’unica condizione che «siano composti da investimenti qualificati». Il limite agli investimenti (30.000 euro annui e 150 mila totali) sale nei pir alternativi a 150 mila euro detassabili ogni anno fino a 1,5 milioni complessivi. Favorevoli ai pir alternativi si sono detti ieri operatori come Fabio Galli, dg di Assogestioni, Saverio Perissinotto (Eurizon), Ugo Loser (Arca Fondi), Alessandro Melzi d’eril (Anima), Andrea Ghidoni (ceo Pramerica). Ok anche da Massimo Doris, ceo di Banca Mediolanum) ma senza dimenticare «i Pir tradizionali che guardano a una grandissima platea di risparmiatori italiani e che in termini di volumi possono fare di più».