«Smart working?per gli statali una vacanza»
L’accusa di Ichino: retribuiti per non lavorare. La replica: la PA non ha mai chiuso
ROMA Lo smart working per i dipendenti pubblici? «Nella maggior parte dei casi è stata solo una lunga vacanza pressoché totale, retribuita al cento per cento». Non usa toni diplomatici Pietro Ichino, giuslavorista e più volte parlamentare, intervistato da Libero. A suo giudizio la strada da seguire era un’altra: «Estendere il trattamento di integrazione salariale», cioè la cassa integrazione che per i dipendenti pubblici non c’è. «E destinare il risparmio a premiare i medici e gli infermieri in prima linea, oppure fornire i pc agli insegnanti».
Secondo Ichino sarebbe utile se il «ministero della Pubblica amministrazione almeno fornisse un quadro attendibile di quanta parte dei dipendenti pubblici si è veramente attivata per fare smart working».
Dal ministero della Funzione pubblica replicano così: «Ci sono state delle difficoltà, non lo abbiamo nascosto. Ma la pubblica amministrazione non ha mai chiuso durante la fase acuta della pandemia, garantendo i servizi essenziali».
Ma i numeri? «Abbiamo già fornito percentuali di adesione nella fase acuta: 90% circa per le amministrazioni centrali e oltre il 70% per le Regioni. Adesso è in corso un monitoraggio che si concluderà a fine mese. In prospettiva, si tratta di cogliere il meglio del lavoro agile d’emergenza di questi mesi e trasformarlo nel vero smart working, connesso a obiettivi e risultati».
E il sindacato? «L’opposizione a una stabile implementazione su base volontaria di questo nuovo modo di organizzare il proprio lavoro — dice Maurizio Petriccioli, segretario della Cisl funzione pubblica — è ideologica. Avere milioni di persone, che lavorano per obiettivi e da remoto, con tutto ciò che questo significa anche in termini di minore impatto ambientale, permette di avere più tempo da dedicare anche ad altre attività con indubbi benefici economici per le amministrazioni, per i lavoratori e per l’intera collettività».
Dipendenti pubblici
A loro andrebbe estesa la cassa integrazione, secondo Ichino