«Il cinema può rinascere»
Il regista e il graduale ritorno alla normalità Luchetti: «Limiti sui set ma è meglio che stare a casa C’è però il rischio delle sale, troppi esercenti in crisi»
Ci sono film che viaggiano nello spazio, ma ora gli attori non possono nemmeno baciarsi. Eppure la fabbrica dei sogni, benché molto parzialmente, riparte. I cinema hanno riaperto ieri in una misura tra il 5 e il 10 percento, sono circa 100 schermi: a Roma una multisala, a Milano due. Pubblico con le mascherine finché entra, al massimo in 200; distanziamento con due poltrone libere se non si è congiunti. Gli esercenti dicono: così è antieconomico. Daniele Luchetti è uno dei registi di maggiore talento ed è tra i fondatori dell’associazione 100 autori, che degli autori tutela i diritti. Luchetti, che effetto le fa la riapertura?
«Mi ricorda le sacerdotesse del tempio di Vesta che tenevano acceso il fuoco. Nella quarantena abbiamo sperimentato che vivere la cultura collettivamente è un bisogno primario per tutti noi, e non un elemento commerciale. C’è una cosa che temo». Quale?
«Che in questo momento di grande difficoltà i proprietari degli immobili vendano le sale, un’attività che era già in bilico; e sugli acquirenti che hanno molto contante, pronti a riconvertirle in supermercati e centri commerciali, faccio cattivi pensieri».
Ci sono nuove regole per i set: per scene «ravvicinate» gli attori si devono sottoporre al test covid, i comprimari si portano gli abiti da casa, schermi protettivi per le maestranze…
«Non mi sembrano limiti spaventosi, ed è meglio che stare a casa. Si fa quel che si può fare. L’obiettivo è di tenere attivo il lavoro. Poi, se si sono girati film durante la guerra…per far ripartire i set in Francia hanno creato un fondo dove i broadcaster recuperano produzioni fermate». Come recuperare la fiducia del pubblico?
«Lo vedo camminando per Roma, la gente non vede l’ora di uscire dall’isolamento. Il danno del virus è di tenerci lontani gli uni dagli altri. C’è la consapevolezza (spero non la butteremo al mare), che stare con gli altri è la nostra vita. Il cinema non è solo per persone di mezza età ma per i ragazzi, per i bambini che vedono cartoni, e questo ritornerà, bisogna tenere duro».
Il cinema fotografa il paese: ma per la classe politica è al centro della vita sociale?
«Franceschini e Rutelli si danno da fare, ma se parliamo di classe politica… penso che fare un ragionamento soltanto sul cinema sia miope. Per far ripartire le città bisogna ricominciare da sale e teatri, perché alle 7 di sera il negozio di scarpe chiude mentre dopo cinema e musica la gente va a mangiare la pizza, compra un libro, si crea un indotto.
Per gli spettacoli dal vivo bisognerebbe imitare l’argentina, dove ho vissuto un anno per il film sul Papa: hanno detassato i proventi della prosa, la considerano un bene nazionale che crea coesione sociale. Adesso a Buenos Aires c’è un’offerta pazzesca». Crede nello streaming?
«Non è alternativo: è compensativo, e ha dato una boccata d’ossigeno enorme. Sale e streaming sono attività che respirano l’una con l’altra, non a caso Netflix in USA ha acquistato sale. Nel lockdown ho avuto una strana reazione. Pensavo: ora vedrò tutte le serie tv arretrate. Invece ho avuto un blocco totale, non sono riuscito a leggere un libro o a vedere un film. Ora con questa prima riapertura mi è comunque tornato il desiderio di seguire una storia». La Mostra di Venezia si farà: cosa significa?
«È un segnale meraviglioso, un gesto di grande coraggio. La Mostra è sempre stata al centro di svolte storiche: il ’68 e, molto prima, nel ’39, quando la Germania invase la Polonia Goebbels era in sala alla Mostra e il pubblico applaudì. Sorrido se penso che a Venezia c’è il Lazzaretto, furono i primi in tempi antichi a isolare le epidemie scoppiate per la circolazione di navi». E il suo film a che punto è?
«Il lockdown mi ha fermato al montaggio. Si intitola Lacci, è la fine del matrimonio tra Alba Rohrwacher e Luigi Lo Cascio che da grandi diventano Laura Morante e Silvio Orlando, i loro figli sono Giovanna Mezzogiorno e Adriano Giannini…per capire la trama bisogna vedere il film, ma non so quando esce».