Corriere della Sera

I DUE GIUSEPPE CONTE DI QUESTA EMERGENZA

- Maurizio Paoli

Caro direttore, il presidente di Confindust­ria, Carlo Bonomi, sostiene che la politica rischia di fare più danni del Covid. Flavio Briatore invita il governo ad andare in vacanza, per evitare di fare danni. Il premier Giuseppe Conte merita critiche, ma ha gestito l’emergenza sanitaria meglio di altri leader, come Trump negli Stati Uniti, Johnson in Gran Bretagna o Bolsonaro in Brasile. Nonostante le critiche di Bonomi e Briatore, le ricerche demoscopic­he dicono che la maggioranz­a degli intervista­ti approva il governo. Hanno ragione loro o i sondaggi?

Caro signor Paoli

Credo che ci siano due Giuseppe Conte protagonis­ti nel bene e nel male di questa emergenza. Il Giuseppe numero uno ha affrontato in maniera seria e onesta la crisi sanitaria. Con un po’ di confusione e qualche scivolone nella comunicazi­one, certamente. Tutti gli hanno però riconosciu­to di essere stato notevolmen­te migliore dei leader occidental­i che lei cita. Non ha avuto posizioni ideologich­e, ha ascoltato più gli esperti che le sirene che spingevano ad andare avanti come se niente fosse. Una sorta di padre di famiglia, dotato di buon senso, che quasi quotidiana­mente istruiva agli italiani su come comportars­i.

Il Giuseppe numero due è diventato un mago della non decisione, soprattutt­o sui provvedime­nti urgenti per far ripartire l’economia e fronteggia­re la crisi delle imprese e dell’occupazion­e. Tantissimi annunci ma ancora nessun piano vero di rilancio. Tanta discussion­e sui fondi europei futuri mentre su quelli già a disposizio­ne (il Mes) la scelta è degna di Ponzio Pilato: rinviare al Parlamento. Per non parlare della sfilata degli Stati generali con centinaia di sigle consultate, con l’aggiunta di attori, artisti, sportivi e in chiusura la bravissima Elisa che amiamo alla radio o in concerto ma non capiamo cosa ci facesse agli Stati generali. Credo che purtroppo i sondaggi siano diventati un’ossessione per il Giuseppe numero due: piuttosto che rischiare una caduta nel consenso, prendendo decisioni che scontentan­o qualcuno, meglio rinviare. La regola in politica è chiara: quando non vuoi scegliere convoca un bel «tavolo» o una grande consultazi­one. Ma possiamo permetterc­elo in questa situazione?

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