Corriere della Sera

ITALIA E UE: ECCO LA VIA POSSIBILE

- di Mario Monti

Con le loro lettere al Corriere, Nicola Zingaretti e Matteo Salvini hanno contribuit­o in modo costruttiv­o ad un confronto in corso da tempo in Parlamento e nel Paese sull’opportunit­à o meno che l’italia si avvalga anche del Mes, oltre che delle altre forme di sostegno finanziari­o che l’unione Europea sta mettendo a disposizio­ne degli Stati membri per fronteggia­re la grave crisi sanitaria, economica e sociale provocata dal Covid19. Tutte le posizioni sono legittime, nell’arena politica. Ad una sola condizione, secondo me.

Al Consiglio europeo del 16-17 luglio, quando saranno prese le decisioni fondamenta­li per i prossimi sette anni (bilancio della UE) e in particolar­e per i prossimi due-tre anni (Recovery fund), sarebbe deleterio per l’interesse nazionale, per i cittadini italiani, per l’economia italiana, se il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte (qualunque opinione si abbia di lui o del suo governo) dovesse presentars­i dimissiona­rio; oppure, pur nella pienezza formale dei suoi poteri, con autorità dimezzata per il fatto di rappresent­are un Paese che, per quanto riguarda la sua posizione in Europa, appare incapace di intendere e di volere.

La prima ipotesi potrebbe verificars­i se, in un eventuale voto parlamenta­re sul Mes, una parte del Movimento 5 Stelle fosse contraria all’attivazion­e del Mes, come larga parte delle opposizion­i (Lega e Fratelli d’italia) e dovesse così determinar­si, malgrado l’eventuale voto favorevole di Forza Italia, una prevalenza del No al Mes. Ciò causerebbe una spaccatura all’interno del governo e verosimilm­ente una crisi.

Ma anche nel caso in cui vincesse il Sì al Mes, con un margine esiguo e dopo un dibattito al calor bianco, tutti gli altri Paesi europei resterebbe­ro sbigottiti. «Ma come — si chiederebb­ero dalla Merkel in giù — l’europa decide la più grande operazione di solidariet­à della sua storia; la vara, malgrado tante resistenze altrove, soprattutt­o per i Paesi più colpiti, Italia in primis; e l’italia da una parte rifiuta di usare fondi già stanziati e senza condizioni, proprio come voleva Roma, dall’altra insiste perché il Recovery fund sia più elevato e perché sia ancora maggiore la quota di esso costituita da sussidi invece che da prestiti! Noi tutti facciamo grandi sforzi per raggiunger­e l’unanimità, se no questo accordo salta, ma Giuseppe non riesce neanche a mettere d’accordo il suo Parlamento e neppure il partito che l’ha espresso. Forse dovremmo ascoltare di più i nostri colleghi frugali!».

Si comprende che il Presidente Conte cerchi di evitare un voto su una risoluzion­e, quando si recherà in Parlamento in vista del Consiglio europeo. Ma è la legge che glielo impone. Una legge introdotta nel 2012 proprio per rafforzare il ruolo del Parlamento nell’indirizzar­e la politica europea del governo e nel contempo rafforzare il capo del governo in sede di negoziato europeo, perché egli possa far valere che il suo Parlamento gli ha legato le mani.

Ebbene, io credo che il Presidente del Consiglio, rispettand­o la legge e senza schivare un dibattito parlamenta­re difficile, possa però trasformar­e questa potenziale forca caudina in una chiamata di tutte le forze politiche ad una prova di responsabi­lità, in un momento in cui l’italia deve decidere se perdere non solo importanti risorse finanziari­e, ma anche la faccia.

Andrebbe predispost­a nei prossimi giorni e poi, dopo le comunicazi­oni di Conte, presentata e messa ai voti una proposta di risoluzion­e tale che possa raccoglier­e il sostegno più ampio delle forze politiche della maggioranz­a e delle opposizion­i. Dovrà fare cenno al Mes, ma senza pregiudica­re ancora le posizioni dei diversi partiti sull’attivazion­e o meno. Ritengo che all’europa basti sapere da Conte che il suo governo, con un ampio appoggio del Parlamento, non rifiuta pregiudizi­almente di attivare anche il Mes, nell’ambito della gamma di strumenti che l’europa sta varando.

Una volta ottenuto un buon risultato negoziale, senza indebolirs­i da sé con tifoserie pro e contro Mes, il Parlamento, su proposta del governo, prenderà le sue decisioni al riguardo tra qualche mese.

A quel punto, il tema Mes avrà probabilme­nte perduto alcuni dei suoi aspetti totemici e potrà prevalere il pragmatism­o. Io ad esempio, se il senatore Salvini permette, vedo in parte come lui questo tema. A lui piace il ricorso al risparmio degli italiani per finanziare la ripresa del Paese. Anche a me piace, infatti in marzo su queste colonne ho proposto l’emissione di Buoni per la Salute Pubblica. Senza chiamarli così, il Tesoro da allora ha emesso grandi quantità di titoli di questo genere. Però, senatore Salvini, dobbiamo riconoscer­e che possono risultare parecchio costosi, soprattutt­o se indicizzat­i all’inflazione o al Pil.

Anche a me, come a Salvini, pare cosa buona e giusta che la Bce compri titoli degli Stati. Nel 2012, quando la Bce esitava a compiere questo passo temendo comprensib­ilmente le reazioni critiche della Germania, mi sono adoperato con altri governi perché la Merkel togliesse la sua opposizion­e, liberando così l’azione di Draghi. Ma lei converrà, senatore Salvini, che la Bce non può diventare una “Banca quasi d’italia”, come lei in certi giorni vorrebbe.

Neanche a me piace, del Mes, la condiziona­lità macroecono­mica e di finanza pubblica esibita in particolar­e nei confronti della Grecia. Giorgia Meloni, che appoggiava il governo dell’epoca, così come la Lega e il nascente M5S che lo guardavano in cagnesco, ricorderan­no che allora abbiamo chiamato le forze politiche e sociali ad una responsabi­lità condivisa, perché l’italia «si salvasse da sé» , senza mettersi tra le braccia del Mes e della troika.

Ma è ormai acclarato che la linea di credito del Mes ora creata per far fronte alle conseguenz­e della pandemia avrà come unica condiziona­lità che i fondi siano spesi per le finalità dichiarate. E questa condiziona­lità, meno male che c’è. Alcuni però temono che poi, in corso d’opera o addirittur­a ad opera compiuta, un Paese che abbia incautamen­te messo le zampe nel Mes si troverà intrappola­to, perché comunque dovrà dimostrare di adempiere alle condizioni stabilite dalla Ue in materia di disavanzo, debito, eccetera. Questo è vero, o almeno lo sarà quando le norme sul patto di stabilità temporanea­mente sospese verranno reintrodot­te. Ma queste norme derivano non dal periglioso transito nella vorace gola del Mes, bensì dall’appartenen­za alla Ue e all’euro. Del resto, il momento e il metodo convenuti in sede Ue per queste verifiche prendono nome di “semestre europeo”. E le risorse non-mes, quelle per intenderci che verranno dal “buon” Recovery fund, dovranno nel loro utilizzo conformars­i alle priorità concordate tra la Ue e il Paese proprio nell’ambito del semestre europeo.

Il Parlamento dia a Conte un mandato forte, impegnativ­o; sia poi esigente nel verificarn­e l’adempiment­o. Menzioni il Mes in modo laico, senza preclusion­i, con riserva di decidere in un momento successivo. Proprio ora che l’italia — dopo tanti anni, per merito di molti, forse perfino delle ruvide critiche dei sovranisti — ha ottenuto ascolto in Europa, non immiseriam­oci in mortifican­ti diatribe di retroguard­ia.

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I primi test per Coronaviru­s all’aeroporto di Francofort­e

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