Così il leader leghista prova a dare la spallata a un anno dal Papeete
Salvini prefigura elezioni prima del referendum così non mancherebbero i posti disponibili in lista
ROMA Esattamente un anno dopo il Papeete, Salvini ci riprova col Triplete: vuol far cadere Conte, andare al voto anticipato e «rientrare a Palazzo Chigi dal portone principale». Per riuscirci non ha mutato tattica ma ha cambiato squadra: ha mandato Giorgetti in tribuna, ha messo Bagnai ideologo di sfondamento contro l’europa e ha avviato una campagna acquisti al Senato tra i grillini. «Ingressi di valore» — così li preannuncia il leader della Lega — che serviranno per affossare il governo appena chiederà il terzo scostamento di bilancio.
Lui ci crede, e pur di riuscire nell’impresa ha chiesto e ottenuto dagli alleati di non ostacolarlo nel tentativo di spallata: è questa la parte riservata dell’accordo sulle candidature alle Regionali di settembre. Ed è più o meno il patto che l’estate scorsa Salvini offrì a Berlusconi per tornare subito alle urne: la presidenza del Piemonte e la garanzia di far rieleggere lo stesso numero di parlamentari azzurri.
Allora come oggi regna un diffuso scetticismo sulle sorti del progetto, ma al momento FDI e FI assecondano Salvini: «Il nostro voto sullo scostamento di bilancio non è scontato», ha detto l’altro giorno la Gelmini. E insieme alla capogruppo forzista, ieri anche l’svp ha mandato un avviso sinistro a Conte: «La disponibilità a sostenere il governo dipenderà dai segnali a favore dell’alto Adige», che i sudtirolesi amministrano insieme al Carroccio.
È da vedere se tanto basterà per sovvertire i numeri a Palazzo Madama, ma questo è lo schema di Salvini, che nei suoi colloqui — per rendere allettante l’offerta — prefigura le elezioni prima del referendum sul taglio dei parlamentari. Così non ci sarebbero problemi di posti disponibili. D’altronde per il capo della Lega il tempo stringe ed è questa l’unica forma di riscatto in una sfida che ormai è da «dentro o fuori».
Ecco perché il Pd, che per altri motivi si ritrova nelle stesse condizioni, vuol far approvare da un ramo delle Camere entro luglio la riforma del sistema elettorale: così si stenderebbe una rete a protezione della legislatura e si avrebbe un valido motivo da presentare al capo dello Stato in caso di crisi di governo. In realtà Zingaretti non teme la manovra estiva di Salvini: le sue preoccupazioni sono traguardate all’autunno.
Anche se la Lega fallisse la spallata, infatti, secondo il segretario dem il problema «si porrebbe a settembre» per effetto di un pericoloso combinato disposto: il referendum costituzionale e le Regionali. Da un lato l’eventuale voto nazionale favorevole al quesito referendario picconerebbe la legittimità dell’attuale Parlamento. Dall’altro una vittoria del centro-destra nelle consultazioni territoriali, mostrerebbe che l’opposizione è maggioranza nel Paese.
A quel punto «la pressione politica si farebbe fortissima», a fronte di un governo debolissimo. E senza una riforma proporzionale del sistema elettorale, Zingaretti vede addirittura un rischio di sistema: se si tornasse alle urne con il taglio dei seggi e con l’attuale modello di voto, il centro-destra a trazione sovranista potrebbe avere nel prossimo Parlamento i numeri sufficienti per cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza, senza dover poi necessariamente passare per il referendum confermativo.
Per evitare un simile scenario, il sacrificio di Conte sarebbe l’ultimo dei problemi. Anzi, come ha spiegato il leader dem ad alcuni interlocutori, non sarebbe proprio un problema. E non solo per il Pd, a sentire i grillini tendenza Di Maio. D’altronde «difendere Conte è diventato ormai un lavoro usurante», riconosce Renzi, di cui è agli atti una battuta fulminante: «Se ci fosse una crisi, pur di evitare le elezioni, una maggioranza si formerebbe in cinque minuti». Per Salvini sfumerebbe il Triplete, e forse per i suoi progetti potrebbe non bastare solo la capitolazione di Conte.