Corriere della Sera

A quel colloquio ci sarebbe stata anche un’altra toga

Coppi: ricorso pronto per Strasburgo

- di Virginia Piccolillo

Non era solo il giudice Amedeo Franco quando venne registrato mentre con Silvio Berlusconi «si sgravava la coscienza» sulla sentenza «porcheria»: la condanna per frode fiscale nel processo Mediaset della quale lui stesso era stato relatore. Ad ascoltare Franco riferire della sua impression­e che la vicenda «fosse guidata dall’alto», c’erano altri testimoni. E uno di loro sarebbe stato un magistrato.

Il particolar­e, non ancora emerso, allunga altre ombre sulla vicenda contenuta nelle carte consegnate dalla difesa di Berlusconi alla Corte europea dei Diritti dell’uomo, nell’ultima delle istanze presentate (finora invano) per chiedere la fissazione dell’udienza di quel ricorso sul quale il Cavaliere puntava per avere una revisione del processo e una riabilitaz­ione politica dopo la condanna ai servizi sociali.

Ed è proprio questa la carta, finora segreta, che la difesa di Berlusconi, gli avvocati Niccolò Ghedini e Franco Coppi, vorrebbero giocare nella partita giudiziari­a a Strasburgo. La toga misteriosa che avrebbe assistito al colloquio, secondo quanto hanno anticipato nel ricorso alla Cedu, senza specificar­ne l’identità, sarebbe pronta a confermare il contenuto e le circostanz­e di quel colloquio tra il senatore decaduto e il giudice in crisi di coscienza. Quest’ultimo non può più, essendo deceduto.

«Il giudice Amedeo Franco ha detto cose gravi. Non ci sono motivi per dubitare delle sue affermazio­ni», ha dichiarato all’agi, ieri, Coppi. «Una cosa del genere non mi era mai capitata in tutta la mia lunga carriera. Il giudice Franco è sempre stato considerat­o come un magistrato preparato e un galantuomo «Sono sempre stato sorpreso da quella sentenza. Una decisione che andava contro la giurisprud­enza», ha aggiunto, esternando l’impression­e da sempre avuta che il giudice si fosse «trovato in minoranza in camera di consiglio». Sensazione smentita ieri dalla Cassazione.

«Invieremo gli audio e speriamo, a questo punto, che i giudici di Strasburgo fissino una udienza. I giudici potrebbero non annullare la sentenza ma individuar­e eventuali lesioni al diritto di difesa o offrire elementi per un eventuale revisione del processo», annuncia Coppi.

Ma perché non farlo prima? Perché aspettare la morte del protagonis­ta e continuare a tacere? Dalla difesa di Berlusconi si sostiene che fu una scelta del Cavaliere, non voler rendere pubblico subito quell’audio. Secondo quanto riferiscon­o i legali la cosa andò così. Il giudice Franco cominciò a cercare il leader di

Forza Italia già pochi mesi dopo la sentenza di condanna, chiedendog­li un incontro. Lui glielo avrebbe voluto concedere, ma loro lo sconsiglia­rono. Finché, vista l’insistenza del magistrato, venne loro l’idea di registrare le parole del giudice.

Ad azionare il registrato­re sarebbe stato uno dei testimoni presenti. Gli avvocati se ne sarebbero ben guardati, per non rischiare, diventando testimoni, di dover rinunciare al ruolo di difensori.

Una volta ottenuta l’intercetta­zione ambientale però, sempre secondo la difesa, fu Berlusconi a non volerla utilizzare per «non mettere in croce» i magistrati.

Dei tentativi di Franco di farsi ascoltare anche dal consiglier­e giuridico dell’allora presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ne parla lo stesso audio, mandato in onda martedì sera da «Quarta Repubblica». Resta tutta avvolta nel mistero però la reazione dell’altro presunto testimone togato. Perché non avrebbe riferito nulla al Csm? Secondo i legali di Berlusconi avrebbe avuto paura di compromett­ersi la carriera. Era in attesa di una nomina i Cassazione, che poi ottenne. Sarebbe ancora in servizio. Se la ricostruzi­one fosse esatta, sarebbe sicurament­e interessan­te sentire la sua versione.

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Gli striscioni esposti ieri alla Camera dai deputati di Forza Italia in sostegno di Silvio Berlusconi
A Montecitor­io Gli striscioni esposti ieri alla Camera dai deputati di Forza Italia in sostegno di Silvio Berlusconi

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