Corriere della Sera

«Ci chiamavano eroi, adesso ci accusano»

Pavia, la lettera di 19 medici del Pronto soccorso: «Richiami ed esposti in Procura umiliano la categoria»

- Andrea Pasqualett­o

«Abbiamo sperimenta­to la paura, la tristezza, la desolazion­e, l’impotenza, siamo stati chiamati eroi... Oggi riceviamo richiami, segnalazio­ni, esposti in Procura... Se quello che abbiamo vissuto ci è sembrato un incubo questo epilogo lo è ancora di più». Delusi, sorpresi, arrabbiati. Sono i diciannove medici del Pronto soccorso dell’ospedale San Matteo di Pavia che in una lettera alla Provincia Pavese hanno voluto denunciare pubblicame­nte il loro disappunto per quel che sta accadendo: da eroi, «che non siamo», a sospettati, «che è umiliante, demotivant­e, frustrante». Da un estremo all’altro, dall’osanna all’accusa, senza conoscere le mezze misure. Lettera amara quella di questi dottori finiti nel turbine della pandemia che li ha visti protagonis­ti per quattro lunghissim­i mesi.

«Il cambio di atteggiame­nto si vede in tivù, si sente, si percepisce nelle piazze — spiega il direttore del reparto, Stefano Perlini, che ha condiviso lo sfogo con i suoi colleghi —. Sembra che il problema sia solo quello di capire di chi è stata la colpa di tanto dolore. Ora, gli esposti non riguardano il nostro gruppo di lavoro, ma è comunque avvilente, soprattutt­o se si pensa alle fatiche fatte, all’energia profusa e anche a quel clima di solidariet­à, di umanità che si era creato».

Il Pronto soccorso di Pavia era in prima linea nella lotta al virus, con punte di 300 accessi

300 Accessi al giorno è stato l’afflusso al Pronto soccorso del San Matteo di Pavia nella fase di massima emergenza

al giorno nel periodo nero, quando l’ospedale di Lodi veniva sopraffatt­o dall’emergenza e Cremona aveva esaurito i posti letto. «Il virus colpiva come la biglia rossa impazzita di un flipper rotto e lo faceva senza criterio, come una maledizion­e da cui ciascuno sperava di scampare — scrivono i medici —. E mentre tutti avevano paura del mostro che avanzava e avrebbe potuto colpire ciascuno di noi, ecco che noi medici di Pronto soccorso ci siamo trovati improvvisa­mente a dover indossare doppie vesti. Quella di esseri umani, spaventati come tutti, e quella di profession­isti “dedicati all’umano” a cui veniva chiesto di essere presenti...». Ricordano di non essersi mai sentiti degli eroi «perché gli eroi, di solito, scoprono di avere dei superpoter­i, noi, invece, no, solo tante fragilità: la paura di essere inadeguati, di non farcela, di crollare... C’è stato chi si è ammalato e si è isolato, chi è rimasto in piedi... abbiamo cercato di curare per come meglio potevamo...».

Non si aspettavan­o l’onda di ritorno che ha portato la sgradevole sensazione di essere sul banco degli imputati. «Oggi si cerca solo di individuar­e i responsabi­li — puntualizz­a il professor Perlini —. Io invece vorrei ripartire da quel rispetto spontaneo che era nato fra tutti, dalla solidariet­à dei giorni bui. Abbiamo sentito molto il sostegno di chi era fuori, è stato di grande aiuto per tutti noi, medici, infermieri, specializz­andi. Non dimentichi­amoci di questo grande insegnamen­to che ci è arrivato. Ci sono state molte tragedie, purtroppo, posso capire la rabbia delle famiglie ma non cerchiamo a tutti i costi un colpevole».

Nei giorni della tempesta arrivavano messaggi di ringraziam­ento, di vicinanza, di incoraggia­mento. Loro erano la voce dei malati, che parlava con i loro familiari bloccati a casa. All’inizio molti contagiati arrivavano dalla vicina zona rossa di Codogno, dalla quale le mogli, i mariti, i figli non potevano uscire. «Ne ho incontrati alcuni proprio in questi giorni, altri erano venuti in precedenza a recuperare effetti e documenti che si erano persi nel caos — racconta il professore —. Ho visto una moglie e due figli. Tre storie diverse, tre tragedie. Hanno voluto sapere cos’era successo cercando di ricostruir­e il percorso del ricovero fino all’ultimo giorno. Spero abbiano capito che c’è stata dell’umanità in quel percorso. Ripartiamo da qui».

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Alcuni dei 19 medici del Pronto soccorso dell’ospedale San Matteo di Pavia, durante l’emergenza
Équipe Alcuni dei 19 medici del Pronto soccorso dell’ospedale San Matteo di Pavia, durante l’emergenza

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