Corriere della Sera

Taglie dei russi sui soldati Usa: Trump fu avvertito due volte

Afghanista­n, uccisi 3 marines. Pagamenti su conti criptati ai talebani. Scontro 007-Casa Bianca?

- di Guido Olimpio

Una battaglia nella terra delle ombre. Al centro la presunta ricompensa dei russi ai talebani per uccidere soldati americani. Nuove indiscrezi­oni — sui media — sostengono che Donald Trump era stato informato in due occasioni. Lui smentisce, contrattac­ca, in un clima reso torrido da uno scontro che vede l’intelligen­ce coinvolta nell’arena politica. Non proprio una novità.

Ripartiamo dall’inizio. Una serie di articoli sostengono che Mosca avrebbe offerto agli insorti denaro per colpire le forze della coalizione in Afghanista­n. Mossa che potrebbe aver causato la morte di alcuni soldati nel 2019. Quanti? Si ipotizza uno, ma anche tre, marines morti in un attacco nell’aprile 2019. Le accuse – secondo il New York Times che cita fonti della sicurezza — si basano sull’arresto di intermedia­ri che hanno garantito l’arrivo di contanti — circa 500 mila dollari —, su tracce elettronic­he (intercetta­te) del passaggio di soldi tra conti ricollegab­ili a russi e militanti, sul ruolo di uomini che hanno distribuit­o il «premio». Sistemi regolari e metodo tradiziona­le hawala, basato su impegni verbali e fiducia. Indizi raccolti da un’indagine di sei mesi fa con un paio di operazioni nella zona di Kunduz. Dettagli emersi ieri pomeriggio, quasi a rispondere allo scetticism­o misto a prudenza di alcuni analisti. Anche se viene da chiedersi se davvero gli agenti abbiano compiuto l’imprudenza di ricorrere a a vie così poco sicure.

La Casa Bianca — stando alle ricostruzi­oni — è avvertita: una prima volta il 27 febbraio con un briefing e per iscritto, quindi il 4 marzo attraverso un documento della Cia noto come «The Wire». Circostanz­e contestate dagli interessat­i. Mosca e i talebani hanno negato con forza. Il presidente è sulla stessa linea: non ho mai ricevuto informazio­ni. La nota non è mai arrivata sulla scrivania del presidente — dicono dalla Casa Bianca — perché non corroborat­a in modo sufficient­e. In effetti sarebbero emerse differenze di vedute tra le tante agenzie coinvolte. Come ha notato un veterano non si esprimono sempre «in bianco e nero», offrono al governo un quadro e non necessaria­mente un’indicazion­e netta.

Ciò avviene in una scena molto agitata. Le due superpoten­ze si sfidano a livello globale. I rapporti tra parte delle «spie» e Trump sono stati sempre pessimi. I collaborat­ori del numero uno, non per caso, alludono alla politicizz­azione dei dossier durante la campagna elettorale. C’è poi il tema del ritiro dall’afghanista­n, un processo ormai avviato, voluto dal presidente e criticato da chi teme un trionfo dei ribelli. I suoi avversari sospettano che abbia ignorato gli allarmi per non compromett­ere il piano di sgombero e non essere costretto a prendere una posizione dura nei confronti di Putin. Da qui la richiesta, condivisa da numerosi congressis­ti repubblica­ni, di fare chiarezza, e l’idea dei democratic­i di nuove sanzioni contro Mosca.

La cornice esterna è più sfumata. I guerriglie­ri non hanno bisogno di suggeritor­i, anche se sono noti i contatti con attori esterni interessat­i alla crisi afghana. Già nel 2018 — scrive David Ignatius sul Washington Post — l’allora comandante delle truppe Usa aveva parlato di relazioni segrete tra insorti e russi. E cosa si dovrebbe dire dei pachistani, partner ma anche contigui a fazioni estremiste in modo da avere delle carte in mano. Infine la Storia. Il Cremlino non ha mai dimenticat­o l’appoggio americano ai mujaheddin negli anni ’80, un sostegno costato perdite pesanti ai russi. Non sarebbe una sorpresa — suggerisco­no gli osservator­i — se avessero deciso di vendicarsi.

A questo proposito interessan­ti i pareri raccolti da Defense One negli ambienti dell’intelligen­ce. Qualcuno non nasconde i dubbi: cosa ci guadagna il Cremlino? Altri ritengono che la storia abbia un impatto relativo in quanto è noto che i servizi militari russi — il GRU — hanno «lavorato» contro gli americani in Afghanista­n, quanto emerso non rappresent­erebbe una escalation. Infine c’è un piccolo particolar­e: devi provare quanto sostieni.

La ricompensa Secondo le accuse gli intermedia­ri avrebbero fatto arrivare circa 500 mila dollari

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Nel mirino Soldati statuniten­si nella provincia di Logar in Afghanista­n

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