Corriere della Sera

Hong Kong, addio libertà In carcere chi protesta

- di Guido Santevecch­i DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

PECHINO «Una spada affilata puntata contro una minoranza che mette in pericolo la sicurezza nazionale e l’ordine costituzio­nale». Così il governo di Pechino ha presentato la Legge spedita ieri a Hong Kong con voto all’unanimità da parte dei 162 membri del Comitato permanente del Congresso, riunito in Piazza Tienanmen. La Repubblica popolare aveva fretta di varare la legislazio­ne cinese che punisce sedizione, secessione, terrorismo, collusione con lo straniero in tempo per la celebrazio­ne di questo 1 luglio, 23° anniversar­io della restituzio­ne dell’ex colonia britannica alla Madrepatri­a. «È il secondo e vero ritorno di Hong Kong alla Cina», esulta la stampa di Pechino. La nuova legge deve scoraggiar­e ogni protesta, pacifica o violenta che sia. Xi Jinping l’ha promulgata subito, il governo di Hong Kong l’ha pubblicata in gazzetta alle 23, è in vigore da mezzanotte.

Sono rimasti ancora incerti i metodi di applicazio­ne, ma definite le pene: tra dieci anni di carcere e l’ergastolo per i trasgresso­ri. Le autorità cinesi sostengono che «solo una piccola minoranza» incorrerà nel rigore della Legge nazionale e «pochi casi di crimini commessi a Hong Kong saranno giudicati fuori dal territorio da magistrati cinesi», il grosso del lavoro sarà lasciato ai tribunali della città. I giudici però saranno scelti dal governo locale, scavalcand­o l’indipenden­za del sistema giudiziari­o. I legislator­i cinesi sono maestri nel lasciare i contenuti delle norme abbozzati all’interno delle cornici.

Pechino insedierà nella City una sua Agenzia di sicurezza e intelligen­ce che «collaborer­à con le autorità del territorio autonomo». Ma di quale collaboraz­ione si tratta, se la governatri­ce Carrie Lam, ringrazian­do Pechino, ancora ieri rifiutava di commentare la portata della svolta «perché non ho letto i termini»?

È chiaro che Xi Jinping era stanco e frustrato di fronte alle scene di lotta continua e anche di violenze gravi arrivate da Hong Kong per tutto il 2019, prima dell’anestesia causata dal coronaviru­s. Ha deciso di chiudere la partita dando scacco matto. A Hong Kong il 6 settembre si vota per il rinnovo del Legislativ­e Council: ora i candidati di opposizion­e come il giovane Joshua Wong potranno essere squalifica­ti preventiva­mente e processati per «sovversion­e» o «collusione con forze straniere».

Joshua e i suoi compagni hanno accusato il colpo: il giovane che guidò nel 2014 la Rivolta degli Ombrelli e poi è diventato una sorta di ministro degli Esteri del movimento democratic­o ha detto che «Hong Kong libera è finita, comincia lo stato di polizia segreta» e ha sciolto Demosisto, il partito che aveva fondato e ora potrebbe essere dichiarato sovversivo e secessioni­sta. Joshua in passato è stato a Washington, ha chiesto per anni aiuto al mondo, è stato in copertina su tutta la stampa occidental­e, trattato da icona. Ora potrebbe essere accusato anche di collusione con forze straniere, per quegli incontri e quelle interviste.

Dal 1997 Hong Kong è stata retta dal principio «Un Paese due sistemi». Secondo l’opposizion­e democratic­a «era retta». Per questa fine dell’eccezional­ità, gli Stati Uniti revocano lo status commercial­e distinto e preferenzi­ale per Hong Kong: Mike Pompeo ha dichiarato il blocco delle forniture di high-tech «sensibile» al territorio. Londra ha offerto il passaporto a tre milioni di hongkonghe­si, se vorranno andarsene. L’unione europea minaccia «gravi conseguenz­e» (ma intanto tutti trattano con Pechino per i propri interessi economici).

Oggi Carrie Lam celebrerà l’anniversar­io della restituzio­ne. Alte reti protettive sono state piazzate intorno alla Bauhinia Square dove si svolgerà l’alzabandie­ra. Vietata la consueta contromani­festazione degli oppositori. Il fronte democratic­o ha chiamato comunque all’adunata la sua gente, al Victoria Park. Ci vorrà molto coraggio per sfidare questa Legge di Pechino, che prevede a scelta l’accusa di sedizione, separatism­o, terrorismo, collusione con lo straniero. Oltre alle manganella­te della polizia, oggi i manifestan­ti rischiano il carcere a vita.

È in vigore la legge sulla sicurezza voluta dal presidente cinese Xi Jinping Il leader della rivolta Joshua Wong scioglie il partito Demosisto: «Comincia lo stato di polizia segreta»

I giudici

I giudici saranno decisi dal governo locale Finisce l’indipenden­za del sistema giudiziari­o

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La bandiera cinese sventolata a un raduno per celebrare l’approvazio­ne della legge sulla sicurezza ad Hong Kong (AP Photo/kin Cheung)
Pro-cina La bandiera cinese sventolata a un raduno per celebrare l’approvazio­ne della legge sulla sicurezza ad Hong Kong (AP Photo/kin Cheung)
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Da sinistra il presidente cinese Xi Jinping e la governatri­ce di Hong Kong Carrie Lam
Leader Da sinistra il presidente cinese Xi Jinping e la governatri­ce di Hong Kong Carrie Lam
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