Corriere della Sera

«Le serigrafie di Warhol e i Dorazio in casa mia? Solo doni di artisti e amici»

Bertinotti: ho comprato un’unica opera 55 anni fa, per 10 mila lire

- di Fabrizio Caccia (Ada Masella)

L’ex presidente della Camera, Fausto Bertinotti, 80 anni compiuti a marzo, è in compagnia della moglie Lella e dei nipoti nel buen retiro di Massa Martana, in Umbria. Si preannunci­a un’estate divertente.

Lo sa che gira anche il suo nome per il dopo Mattarella al Quirinale, nel 2022?

«La definirei una voce che ha la stessa attendibil­ità del valore attribuito dal quotidiano Libero ai nostri Warhol».

Un milione e mezzo di dollari per ciascuno dei tre Mao appesi nel vostro salotto di Roma. Davvero li ha comprati?

«Macché, altro che storia dell’arte, qui ormai siamo alla commedia dell’arte. Le tre serigrafie in questione (originali, ndr) le ebbi dal mio amico Mario D’urso (morto nel 2015, ndr). Una in regalo e due in eredità. Sono opere che hanno per me un significat­o affettivo enorme, ma l’expertise contenuta nell’atto ereditario parla chiaro: hanno un valore di poche decine di migliaia di euro. Anzi, per dirla tutta...».

Prego.

«Non credo di aver mai comprato un’opera in vita mia, vero Lella? Tutti i quadri che abbiamo in casa ci sono stati donati dagli autori stessi oppure da amici fraterni, conoscendo la grande passione mia e di mia moglie per l’arte. Ah no, scusate, mi correggo, un quadro una volta l’ho comprato».

Di Andy Warhol?

«Ancora? Lo comprai 55 anni fa alla Festa dell’unità di Novara. Una piccola serigrafia di un autore forse ai più sconosciut­o, Lattanzi. Credo la pagai 10 mila lire, ma non ne sono tanto sicuro, mi pare un po’ troppo anzi, perché a quei tempi se non ricordo male il mio stipendio era di 40 mila lire, mia moglie guadagnava il doppio. Ero il segretario provincial­e della Fiot, la Federazion­e italiana degli operai tessili, quella zona quasi al confine con la Lombardia era la fascia delle cotoniere...».

E piano piano, in 55 anni, ecco che la vostra casa è diventata un museo. Mafai, Kokocinski, l’anfora di Patella, lo schema di bicicletta di Schifano, le donne di cartapesta di Pierluigi Manetti.

«No, attenzione, la nostra casa non è una galleria e non è un museo. Piuttosto direi è il quaderno di un’emancipazi­one, quei quadri sono tutte tappe del percorso di una vita, mia e di mia moglie, due comuni ragazzi di provincia che a un certo punto hanno incontrato un mondo che credevano a loro impedito. Una storia imprevista, ecco».

Da Piero Dorazio a Mario Schifano, da Gilberto Zorio a Eliseo Mattiacci. Sono tanti gli artisti incontrati lungo il cammino e diventati amici.

«Già. Li ho amati tutti. Ricordo che due opere di Zorio e Mattiacci, maestri della cosiddetta arte povera, le portai nella sede del partito quando ero ancora segretario di Rifondazio­ne comunista. Qualche tempo dopo, però, a malincuore dovetti chiedere loro il permesso di poterli vendere per finanziare l’attività della fondazione (“Cercare Ancora”, ndr). Ne furono dispiaciut­issimi ma compresero la necessità. Dovetti chiedere il permesso anche a mia moglie, in verità».

La signora Lella ha sempre l’ultima parola?

«Diciamo che sulla politica e sulla cultura abbiamo sempre avuto orientamen­ti diversi, ma sull’arte abbiamo trovato la convergenz­a. Così, anche quest’anno ce ne andremo in pellegrina­ggio insieme».

Un pellegrina­ggio? Per dove?

«Da qualche estate ormai ci ritiriamo in un piccolo borgo vicino al confine con la Francia, ha proprio un bel nome, si chiama Dolceacqua (in provincia di Imperia, ndr). E da lì partiremo, andremo a visitare la Fondazione Maeght a Saintpaul-de-vence con le opere stabili di Mirò e Giacometti, ma ruotano sempre anche Chagall e Picasso. Quella è proprio una zona benedetta, con la Provenza e la Costa Azzurra a due passi, frequentat­a dai più grandi pittori francesi degli anni 40 e 50».

Presidente Bertinotti, lei parla come un intenditor­e.

«Ma no, sono di una curiosità dilettante­sca. E non ho neanche provato mai a dipingere, anzi forse dietro al rispetto che ho per l’opera d’arte visiva c’è l’handicap della mia inadeguata manualità, l’incapacità totale di esprimermi con le figure».

Insomma, niente museo.

«In qualunque casa borghese troverete opere più preziose. Eppoi piano con Andy Warhol e i miliardi di dollari, non vorrei che alla fine qualcuno davvero ci credesse. Non sono diventato ricchissim­o, questa è la verità, con i tre Mao».

Paura dei ladri?

«Macché. Il rischio non vale la candela».

Nostalgia della politica?

«Della politica no, del suo popolo sì».

d I tre Mao

In ogni casa borghese ci sono opere più preziose Non sono diventato ricchissim­o con i tre Mao

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Fausto Bertinotti, 80 anni, con la moglie Gabriella, 75. Alle loro spalle 5 opere di Piero Dorazio (1927-2005): ha contribuit­o all’affermazio­ne dell’astrattism­o in Italia
Insieme Fausto Bertinotti, 80 anni, con la moglie Gabriella, 75. Alle loro spalle 5 opere di Piero Dorazio (1927-2005): ha contribuit­o all’affermazio­ne dell’astrattism­o in Italia
 ?? (Foto Masella) ?? In salotto Fausto Bertinotti seduto sul suo divano di casa: sopra di lui le tre serigrafie di Mao di Andy Warhol. L’ex segretario di Rifondazio­ne comunista ha raccontato che sono regali ed eredità di Mario D’urso
(Foto Masella) In salotto Fausto Bertinotti seduto sul suo divano di casa: sopra di lui le tre serigrafie di Mao di Andy Warhol. L’ex segretario di Rifondazio­ne comunista ha raccontato che sono regali ed eredità di Mario D’urso
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A sinistra un’anfora dipinta dall’artista Luca Maria Patella. Sotto
«La donna che si tuffa», opera in cartapesta dello scenografo Pierluigi Manetti
(Foto Masella) Particolar­i A sinistra un’anfora dipinta dall’artista Luca Maria Patella. Sotto «La donna che si tuffa», opera in cartapesta dello scenografo Pierluigi Manetti
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