IN VIRUS VERITAS... L’ETERNO LUKASHENKO HA TROVATO UN NEMICO
Maidan? Mai! In vista delle elezioni del 6 agosto, il programma elettorale dell’ultimo dittatore d’europa, il bielorusso Aleksandr Lukashenko, si riassume in due idee e in due parole: essere rieletto per la sesta volta e per il ventiseiesimo anno consecutivo, possibilmente col solito 80 per cento; evitare che la piazza lo cacci, come accadde nel 2014 al suo amico ucraino Yanukovich che venne contestato sulla spianata di Maidan. Fino a qualche mese fa, Lukashenko pensava che per vincere bastasse il solito doppio profilo di duro in patria e d’accomodante nel mondo: vedi quando si professava nostalgico dell’urss e intanto accoglieva l’anticomunista Berlusconi, o predicava la pace mondiale e nel frattempo sparava sui pacifisti in mongolfiera. Così, anche stavolta, Lukashenko ha fatto la solita campagna elettorale. Mandando in galera il principale oppositore. Flirtando con l’occidente e insieme simulando di resistere alle brame annessionistiche della Russia. Incontrando Putin e, naturalmente, mettendo in guardia contro le interferenze americane ed europee. In virus veritas, l’abile Lukashenko non ha fatto i conti col più invisibile dei nemici: il Covid. Che ha affrontato sminuendolo («per curarvi, bevete vodka e fate saune!») e facilitandolo (non ha sospeso nemmeno le partite di calcio). Alla fine è accaduto che i bielorussi si siano infettati il doppio dei vicini polacchi, pur essendo quattro volte di meno, e che all’improvviso il Piccolo Dittatore si sia ritrovato — se non una Maidan — una Minsk stracolma di manifestanti che gridavano «fermate lo scarafaggio!» e agitavano, ciascuno, una simbolica ciabatta schiacciainsetti. Non c’è scarpa che non diventi vecchia e Lukashenko sa che ci vuole poco, a finire in discarica. E a diventare la prima corona decapitata dal coronavirus.