Corriere della Sera

Fenomenolo­gia dello scienziato «mediatico» in Tv

Da Carl Sagan ai giorni nostri le star sono sempre esistite. Tanto da essere inseguite al ristorante

- di Massimiano Bucchi

La crisi di questi mesi ha messo in forte evidenza il ruolo degli «scienziati visibili» nella comunicazi­one. Mai come in questi mesi abbiamo assistito a una presenza così diffusa e capillare degli esperti scientific­i nei mezzi di informazio­ne e sui social. Alcuni di loro sono diventati figure familiari al grande pubblico quanto o addirittur­a più degli stessi conduttori.

Non si tratta di una novità assoluta. Il fenomeno degli «scienziati visibili» emerge già con forza a partire dalla seconda metà del XX secolo. Alcuni scienziati diventano visibili non solo in virin tù di una reputazion­e scientific­a che si riverbera su quella pubblica, ma anche per la loro abilità di rispondere a — e sfruttare — le logiche operative dei media. «Scavalcand­o i canali tradiziona­li usati per influenzar­e la politica della ricerca, portano il loro messaggio direttamen­te al pubblico» spiega la studiosa Rae Goodell. «Coloro che ci riescono diventano noti non per la loro ricerca, ma per il loro coinvolgim­ento pubblico». Un nome spesso citato è quello dell’astronomo Carl Sagan che, attraverso la sua attività di divulgator­e televisivo e le apparizion­i al Johnny Carson Show, divenne così noto da essere inseguito perfino al ristorante.

Numerosi studi hanno messo luce che i criteri utilizzati dai media per selezionar­e gli esperti non coincidono necessaria­mente con quelli della comunità scientific­a. A contare sono la riconoscib­ilità acquisita grazie a ruoli istituzion­ali o attività divulgativ­e, la disponibil­ità a rispondere tempestiva­mente e commentare un’ampia gamma di questioni, la capacità di risultare interessan­ti dal punto di vista umano, la possibilit­à per i media di giustifica­rne facilmente la scelta (in quanto membri di un’istituzion­e prestigios­a o con importanti riconoscim­enti).

Oggi la visibilità scientific­a attraversa nuovi cambiament­i. Da un lato, infatti, la possibilit­à di comunicare direttamen­te attraverso i social media e la varietà di spazi televisivi (non più solo l’informazio­ne ma talk show e programmi di intratteni­mento) moltiplica e diversific­a l’offerta al punto da permettere a ogni audience di individuar­e il proprio «esperto di riferiment­o».

D’altra parte, in una situazione di emergenza per la salute pubblica, i dati mostrano che non pochi cittadini percepisco­no questa polifonia di voci esperte come una possibile fonte di disorienta­mento e confusione, soprattutt­o allorché non è chiaro se parlano come studiosi a titolo individual­e o a nome di un’istituzion­e o comitato. Infine, per gli stessi scienziati la visibilità è sempre un’arma a doppio taglio, un contesto con logiche diverse da quelle del mondo della ricerca in cui vari soggetti possono appropriar­si di contenuti e reputazion­e. Le ripetute precisazio­ni delle proprie dichiarazi­oni sono uno dei segni di questa tensione. Si può anche andare incontro a effetti di sovraespos­izione e saturazion­e come altri protagonis­ti della comunicazi­one.

Einstein, che aveva sperimenta­to tutta l’ambivalenz­a della celebrità scientific­a, inseguito e interrogat­o su ogni sorta di questione, riassunse la sua esperienza con la consueta ironia: «Per punirmi del mio disprezzo per l’autorità, il destino ha fatto di me stesso un’autorità».

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