Paura, poi la rimonta
Domato a fatica il Toro in vantaggio con Belotti Immobile e Parolo tengono vivo il piano scudetto
Rimonta contro la Fiorentina, rimonta contro il Torino. Non sarà una Lazio di governo, ma è senza dubbio una squadra di lotta. Che non si arrende e riprende le partite più di chiunque in A (22 punti da situazione di svantaggio, solo l’atalanta ha fatto altrettanto); che se cade sa rialzarsi e martellare a lungo anche quando incrocia una squadra chiusa (e nel primo tempo brillantissima) come il Torino. Belotti colpisce, Immobile risponde poi una deviazione di Bremer consente a Parolo di firmare il 2-1 più sofferto.
La Juve resta a +4, ma la capacità di risalire, di rianimarsi dei romani non la farà stare tranquilla. La Lazio ha l’abitudine di rimontare, ma stavolta deve ringraziare il suo drago. Simone Inzaghi. Lui non sputa fuoco, ma dal secondo anello dello stadio Grande Torino, dal suo box, ha acceso — forse sarebbe meglio dire svegliato — i suoi. Era squalificato, ma ha passato un’ora in campo grazie all’eco di uno stadio vuoto. Qualcuno al primo urlo si è quasi spaventato: era passata da un attimo la mezzora quando si è sentito un terribile urlo, gutturale, profondo, incredibile, tremendo. Inzaghi aveva tolto gli occhiali, aperto (per la verità quasi scardinato) la porta del box da dove seguiva la partita e si è scatenato. Uscito dalla grotta, il drago non ha trovato un cavaliere a dargli la caccia. Inzaghi ha capito che poteva «allenare» i suoi e ha cominciato a farlo, incitando, dettando i tempi, i cambi di posizione. In quello scampolo di primo tempo, per la verità, nonostante gli sforzi di Luis Alberto, che cercava spazi un po’ ovunque, la Lazio zoppicava. E gli attaccanti sprecavano quel poco che riuscivano a inventarsi mentre il Toro chiudeva le linee di passaggio e saliva spesso al momento giusto trovando preziosi fuorigioco.
La squadra di Longo è partita a testa alta e palleggio basso, per far alzare i romani e aggredirli con cambi di gioco e lanci. E, sopratutto, il Toro ha trovato il vantaggio al primo affondo. Tiro di Nkoulou in mischia, mano di Immobile (ammonito, come Caicedo salterà il Milan) e Belotti dal dischetto ha infilato il terzo gol in tre partite. Rete piena di fiducia per i granata.
La Lazio ha sprecato energie e occasioni, ma nella ripresa il drago del secondo anello ha preso il sopravvento. Il cavaliere senza macchia giocava per lui, maglia numero 10 e fisico normale ma piedi fatati. Il dipinto, la gemma è l’1-1 della premiata ditta Luis Alberto-immobile, che in meno di 180 secondi nella ripresa confeziona l’1-1: lo spagnolo porta palla, il centravanti fa il movimento giusto, lui mette la più classica palla con il contagiri, Nkoulou (il migliore dei suoi) si prende un istante e viene infilzato da un tocco di fino, lento preciso e mortifero, che taglia fuori Sirigu.
Il gol non calma il drago del secondo anello, anzi giustamente lo carica. Lui ordina di non fermarsi, il Toro accusa il colpo, le energie mentali vanno in pausa. Ma il castello regge, i tre davanti a Sirigu non sbagliano nulla, Aina usa tutti i muscoli che ha per contenere Milinkovic-savic e la Lazio non riesce mai a spaventare Sirigu sino all’azione del gol. Il portiere granata fa la prima parata importante della serata sul serbo, il Toro libera ma al limite trova Parolo e un destro che sbatte sul piede di Bremer. È la deviazione che tiene la Lazio incollata allo scudetto e condanna un Toro generoso al riscatto nel derby.