Salvini pensa alla spallata ad un anno dal Papeete
Il presidente della Liguria: non temo le troike, però basta immobilismo
Un anno fa Matteo Salvini dal Papeete dettava la linea, ora prova a dare la spallata al governo giallorosso.
MILANO «Va bene il Mes, ben venga. Così come il Recovery fund, l’emissione ordinaria e straordinaria di buoni del tesoro... Io, però, sono impressionato». Giovanni Toti, il presidente della Liguria, da Genova assiste con stupore alla discussione politica che divide al loro interno maggioranza e opposizione sul meccanismo europeo di stabilità.
Che cosa la impressiona?
«Mi fa impressione un Paese che discute su come aumentare il debito, cosa che oggi credo sia doverosa, ma non si premura affatto di capire come spendere le possibili risorse. Del resto, sta per andare in Consiglio dei ministri un decreto Semplificazioni che sarà un decreto complicazioni, cosa del resto sempre accaduta».
Perché parla del decreto Semplificazioni?
«Perché eravamo il Paese che ha costruito 800 chilometri di Autostrada del Sole in 5 anni e siamo diventati quello in cui per aprire un cantiere pubblico servono dai 6 agli 8 anni. Per questo credo che la discussione più urgente sia quella su come spendere bene le risorse che arriveranno con il mes e in altri modi».
Il suo alleato Matteo Salvini teme che il Mes apra la strada alla troika e a scenari greci. Lei no?
«Io francamente non temo l’arrivo di troike, ho paura della troika che è in noi stessi. Già oggi abbiamo fermi tra ministeri, bollinature ed enti vari qualcosa come 120 miliardi. Io faccio una domanda agli amici che, come me, pro tempore, si occupano di politica: noi eravamo i campioni d’europa nelle costruzioni, ora abbiamo una sola impresa, peraltro controllata dalla Cdp. O gli imprenditori sono diventati tutti somari, oppure c’è qualcosa che non va nel nostro sistema degli appalti».
Il modello Genova che lei incarna può essere un modello per tutta Italia?
«Credo di sì, ma il problema è che viene visto come fumo negli occhi da chi sguazza nell’immobilismo stantio. Peraltro, non è che a Genova siano saltate le regole: sono state applicate quelle europee. Oggi in Liguria ci sono più commissari che nelle questure, io sono a sette o otto. Ma i poteri commissariali sono quelli che dovrebbero essere i poteri ordinari dei governatori e dei sindaci. Perché duplicare le figure e generare confusione? Ma sono pronto a scommettere uno dei miei commissariati che questo non lo ritroveremo nel decreto semplificazione».
d Salvini con jeans e maglietta è riuscito a entrare tra la gente Ora si metta giacca e cravatta per un’italia che guardi alla crescita non solo ai mal di pancia
Non è curioso che gli ostili al Mes siano leghisti e stellati, ex partner del governo gialloverde?
«I 5 stelle sono strani, ci vorrebbe un’analisi psicologica e sociale. Dicevano “no” alla Lega quando erano nel governo gialloverde e dicono no al Pd ora che sono giallorossi. È un partito che non ha la capacità di trasformarsi, di minimizzare il danno, di mediare. Ma così non aiuta la fisiologia della Terza Repubblica: resta un partito d’opposizione anche quando è al governo. Anzi, infetta con questo morbo anche altri partiti, che si trovano a rincorrere i loro no demagogici. È la moneta cattiva che scaccia quella buona».
Lei passa per filo leghista, ma la stessa Lega sembra impiccarsi a certi no. Come quello al Mes…
«La Lega ha affrontato un’esperienza di governo che non ha funzionato, io ho benedetto la fine di quel governo. Ora, metabolizzata la brutta avventura, tocca a Salvini: lui, che resta il leader del centrodestra anche oggi che i sondaggi sono in calo, deve assumersi la responsabilità di costruire quel centrodestra del terzo millennio che ancora non c’è, quella Terza Repubblica che ancora non c’è».
In che modo?
«Nei rapporti internazionali, nel posizionamento economico, nel costruire un progetto di Paese che non sia velleitario. Infilandosi jeans e maglietta è riuscito a entrare tra la gente. Ora si metta giacca e cravatta e si sieda davvero ai tavoli dell’economia, della cultura, della complessità. Per costruire un progetto d’italia che non guardi soltanto ai maldipancia ma alle speranze di crescita».