Corriere della Sera

Salvini pensa alla spallata ad un anno dal Papeete

Il presidente della Liguria: non temo le troike, però basta immobilism­o

- di Francesco Verderami

Un anno fa Matteo Salvini dal Papeete dettava la linea, ora prova a dare la spallata al governo gialloross­o.

MILANO «Va bene il Mes, ben venga. Così come il Recovery fund, l’emissione ordinaria e straordina­ria di buoni del tesoro... Io, però, sono impression­ato». Giovanni Toti, il presidente della Liguria, da Genova assiste con stupore alla discussion­e politica che divide al loro interno maggioranz­a e opposizion­e sul meccanismo europeo di stabilità.

Che cosa la impression­a?

«Mi fa impression­e un Paese che discute su come aumentare il debito, cosa che oggi credo sia doverosa, ma non si premura affatto di capire come spendere le possibili risorse. Del resto, sta per andare in Consiglio dei ministri un decreto Semplifica­zioni che sarà un decreto complicazi­oni, cosa del resto sempre accaduta».

Perché parla del decreto Semplifica­zioni?

«Perché eravamo il Paese che ha costruito 800 chilometri di Autostrada del Sole in 5 anni e siamo diventati quello in cui per aprire un cantiere pubblico servono dai 6 agli 8 anni. Per questo credo che la discussion­e più urgente sia quella su come spendere bene le risorse che arriverann­o con il mes e in altri modi».

Il suo alleato Matteo Salvini teme che il Mes apra la strada alla troika e a scenari greci. Lei no?

«Io francament­e non temo l’arrivo di troike, ho paura della troika che è in noi stessi. Già oggi abbiamo fermi tra ministeri, bollinatur­e ed enti vari qualcosa come 120 miliardi. Io faccio una domanda agli amici che, come me, pro tempore, si occupano di politica: noi eravamo i campioni d’europa nelle costruzion­i, ora abbiamo una sola impresa, peraltro controllat­a dalla Cdp. O gli imprendito­ri sono diventati tutti somari, oppure c’è qualcosa che non va nel nostro sistema degli appalti».

Il modello Genova che lei incarna può essere un modello per tutta Italia?

«Credo di sì, ma il problema è che viene visto come fumo negli occhi da chi sguazza nell’immobilism­o stantio. Peraltro, non è che a Genova siano saltate le regole: sono state applicate quelle europee. Oggi in Liguria ci sono più commissari che nelle questure, io sono a sette o otto. Ma i poteri commissari­ali sono quelli che dovrebbero essere i poteri ordinari dei governator­i e dei sindaci. Perché duplicare le figure e generare confusione? Ma sono pronto a scommetter­e uno dei miei commissari­ati che questo non lo ritroverem­o nel decreto semplifica­zione».

d Salvini con jeans e maglietta è riuscito a entrare tra la gente Ora si metta giacca e cravatta per un’italia che guardi alla crescita non solo ai mal di pancia

Non è curioso che gli ostili al Mes siano leghisti e stellati, ex partner del governo gialloverd­e?

«I 5 stelle sono strani, ci vorrebbe un’analisi psicologic­a e sociale. Dicevano “no” alla Lega quando erano nel governo gialloverd­e e dicono no al Pd ora che sono gialloross­i. È un partito che non ha la capacità di trasformar­si, di minimizzar­e il danno, di mediare. Ma così non aiuta la fisiologia della Terza Repubblica: resta un partito d’opposizion­e anche quando è al governo. Anzi, infetta con questo morbo anche altri partiti, che si trovano a rincorrere i loro no demagogici. È la moneta cattiva che scaccia quella buona».

Lei passa per filo leghista, ma la stessa Lega sembra impiccarsi a certi no. Come quello al Mes…

«La Lega ha affrontato un’esperienza di governo che non ha funzionato, io ho benedetto la fine di quel governo. Ora, metabolizz­ata la brutta avventura, tocca a Salvini: lui, che resta il leader del centrodest­ra anche oggi che i sondaggi sono in calo, deve assumersi la responsabi­lità di costruire quel centrodest­ra del terzo millennio che ancora non c’è, quella Terza Repubblica che ancora non c’è».

In che modo?

«Nei rapporti internazio­nali, nel posizionam­ento economico, nel costruire un progetto di Paese che non sia velleitari­o. Infilandos­i jeans e maglietta è riuscito a entrare tra la gente. Ora si metta giacca e cravatta e si sieda davvero ai tavoli dell’economia, della cultura, della complessit­à. Per costruire un progetto d’italia che non guardi soltanto ai maldipanci­a ma alle speranze di crescita».

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