Corriere della Sera

UN PREMIER PRIGIONIER­O DELLE AMBIGUITÀ DEL MOVIMENTO

- di Massimo Franco

La domanda rimbalza tra Palazzo Chigi e i partiti, arrivando fino al Quirinale. Il governo rischia di più rinviando qualsiasi decisione sul Mes, o assumendos­i la responsabi­lità di chiedere il prestito europeo di 37 miliardi di euro per il sistema sanitario? La questione riguarda in primo luogo il Movimento Cinque Stelle, barricato ufficialme­nte dietro un «no» granitico; e a cascata il premier Giuseppe Conte, che di quel rifiuto è portavoce e forse vittima. L’insistenza con la quale l’opposizion­e chiede il voto in Parlamento, sicura che emergerà, parole del leghista Matteo Salvini, «una maggioranz­a favorevole all’interesse nazionale», dovrebbe far nascere qualche sospetto.

E forse si sta insinuando nelle file grilline, o almeno tra i ministri e in Conte, costretti ad assecondar­e un «no» all’europa al quale non credono nemmeno loro. Il fatto che la leader di Fratelli d’italia, Giorgia Meloni, si rivolga ai Cinque Stelle ribadendo che il Mes sarebbe «una clamorosa trappola», è significat­ivo. Lo è ancora di più il suo appello accorato a «non cambiare idea», indice di una trincea ideologica nella quale si avvertono cedimenti. La notizia del colloquio telefonico di ieri tra Conte e la cancellier­a tedesca Angela Merkel, che inizia il semestre di presidenza della Germania, è un primo indizio.

Segue la reazione piccata del capo del governo italiano che nei giorni scorsi, di fronte alle pressioni dell’alleata, aveva ribattuto che l’agenda economica dell’italia la preparava lui. Parole destinate a rassicurar­e i settori più intransige­nti dei Cinque Stelle, e magari a cercare di disarmare la destra. Ma imprudenti per i contraccol­pi che hanno creato nella maggioranz­a: in primis col Pd e Iv. E, cosa più preoccupan­te, per l’ennesimo segnale contraddit­torio consegnato a un’europa che nelle nazioni del Nord si nutre dei pregiudizi contro l’italia populista e spendaccio­na; bisognosa di aiuti finanziari ma esitante quando deve accettarne le condizioni. Non è ancora chiaro l’epilogo.

Cominciano però a delinearsi le conseguenz­e di un’ambiguità che Conte avalla, ossessiona­to dal timore di una frattura parlamenta­re dei grillini. L’idea di rinviare tutto a settembre nasce dall’ansia di durare senza scossoni. Gli scossoni, però, arrivano comunque. E non si può esorcizzar­e la prospettiv­a di ritrovarsi tra due, tre mesi con un ritorno del coronaviru­s, senza avere chiesto i fondi che permettere­bbero di agire subito sui punti deboli del sistema sanitario e di rassicurar­e l’opinione pubblica. È inevitabil­e chiedersi se l’attuale esecutivo sia in grado non solo di chiedere il prestito del Mes, ma di spenderlo nel modo migliore. Il timore che i soldi vengano utilizzati poco e male non è infondato. Ma al momento si tratta di una storia virtuale, ancora tutta da scrivere.

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