Corriere della Sera

E Tambroni spaccò il Paese Un’estate sul filo del rasoio

Mimmo Franzinell­i e Alessandro Giacone rievocano per Mondadori il governo appoggiato dal Msi

- di Giovanni Bianconi

Ricorda una figlia di Aldo Moro che durante l’ estate del 1960, nel pieno della crisi del governo Tambroni seguita agli scontri di piazza e alle resistenze del presidente del Consiglio a lasciare la guida dell’esecutivo, ci furono « prolungate assenze notturne del padre, e un improvviso trasferime­nto pomeridian­o della famiglia, dalla casa di campagna a una remota località, sotto scorta dei carabinier­i » .

È un dettaglio, una piccola rivelazion­e che evoca altri momenti di tensione; come quando nel 1969, all’indomani della strage di piazza Fontana, lo stesso Moro, che si trovava a Parigi, rientrò in Italia « con le consigliat­e precauzion­i » , cioè cambiando data e itinerari, « e con grande apprension­e » , come scriverà lui stesso mentre era prigionier­o delle Brigate rosse.

L’accostamen­to t ra piazza Fontana e i disordini di nove anni prima ritorna più volte leggendo 1960. L’ Italia sull’or

lo di una guerra civile( Mondadori ), il saggi oche Mimmo Franzinell­i e Alessandro Giacone hanno dedicato alla parabola del governo forse più anomalo del dopoguerra; nato e soffocato nel giro di quattro mesi dall’improbabil­e e letale alleanza tra la Democrazia cristiana e il Movimento sociale italiano, il partito nato sulle ceneri del fascismo. « Una pagina oscura della Repubblica » , come recita il sottotitol­o del libro, che in qualche misura anticipa all’inizio del decennio quel clima da « strategia della tensione » che esploderà con la bomba di Milano del 12 dicembre 1969.

Alla fine fu proprio l’ insistenza di Moro, che all’epoca era segretario della Dc, a costringer­e il riluttante Fernando Tambr on ialp asso indietro, prima che la situazione degenerass­e sotto l’incalzare della rivolta popolare e della pressione di t utti gli altri partiti del l ’a rco cost i t uzi onale; un contesto nel quale, secondo l’analisi dell’esponente socialista Riccardo Lombardi, « non c’era la minaccia della guerra civile: avevamo già una situazione da guerra civile » .

Franzinell­i e Giacone raccontano i retroscena dell’ascesa al potere di un apparentem­ente tranquillo e quasi anonimo democristi­ano di provincia, che dalle Marche marciò verso Roma a partire dal 1948, con ambizioni tanto smisurate da suscitare l’irritazion­e di Alcide De Gasperi.

Dall’archivio personale di Giulio Andreotti i due storici hanno riesumato una lettera del futuro cardinale Fiorenzo Angelini, datata 13 luglio 1953, nella quale il prelato si lamentava con l’allora sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio per via della mancata nomina di Tambr on iam in istro: « L’onorevole non meritava, per la seconda volta, un simile trattament­o… Sembra impossibil­e che la stima che da Lei e dal Presidente ci viene spesso manifestat­a non trovi poi riscontro in pratica nella valorizzaz­ione di persone che ci sono vicine » .

Grazie a simili sponsorizz­azioni, all’uscita di scena di De Gasperi e al mutamento degli equilibri politici interni nella Dc, Tambr on i riuscirà più avanti ad approdare alla carica che tanto agognava, e una delle più rilevanti: ministro dell’Interno. Rimarrà al Viminale per quattro anni, dal 1955 al 1959, con un impronta certamente anticomuni­sta e uno stile « che privilegia l’ arma dei dossier piuttosto che mitra e manganelli della Celere » di scelbiana memoria.

L’anno successivo Tambroni arriva a Palazzo Chigi con il monocolore democristi­ano appoggiato dall’estrema destra, tra fine marzo e fine luglio del 1960. Quattro mesi nei quali la gestione dell’ordine pubblico diventa centrale: a difesa

Violenze

I tumulti di Genova impedirono il congresso neofascist­a. Poi altri scontri con diversi morti

dell’alleato missino che voleva celebrare il proprio congresso nazionale a Genova, città medaglia d’oro della Resistenza, e per fomentare fibrillazi­oni e paure. Dispiegand­o una re - pressione giustifica­ta da presunte manovre del Partito comunista e dell’Unione Sovietica, cioè « le forze marxiste che potrebbero raggiunger­e la conquista legale del potere in Italia se la democrazia non appresta le necessarie, legittime difese » , come Tambroni accuserà dopo le forzate dimissioni.

I morti provocati dal fuoco delle forze di polizia a Reggio Emilia e in altre città diventano però un peso insopporta­bile per la Dc, costretta quindi a dover destituire un proprio presidente del Consiglio che negli anni ha accumulato dossier e veicolato informazio­ni anche su leader e gregari del suo stesso partito. E sarà il segretario Aldo Moro a condurre in porto l ’operazione, disinnesca­ndo quella tensione che tornerà a condiziona­re la politica e la vita del Paese nel decennio successivo.

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Genova, 30 giugno 1960: scontri per la convocazio­ne in città del Congresso del Msi durante il governo Tambroni

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