Corriere della Sera

«Genova è un’isola lontana da tutto: rischia l’estinzione»

L’appello di Attanasio, Camera di Commercio

- di Erika Dellacasa

La Camera di Commercio di Genova ha preparato un libro bianco sulle infrastrut­ture e il presidente Luigi Attanasio lo invierà al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, al commissari­o europeo Paolo Gentiloni e alla presidente della Commission­e Ursula von der Leyen.

Il vostro libro bianco elenca le infrastrut­ture mancanti, bloccate o in fase di realizzazi­one in Liguria ma è soprattutt­o una richiesta di aiuto...

«Non ne possiamo più. Non solo siamo nella top ten delle autostrade più pericolose d’Italia, subito dopo la Messina-Palermo, ma ora sono anche impraticab­ili. Genova e il suo porto sono tagliati fuori dalle comunicazi­oni con il Paese e con il Nord Europa. Rischiamo l’estinzione. Non parlo delle vite perdute, ovviamente, ma in termini economici quello che sta accadendo è peggio del crollo del ponte Morandi».

La paralisi è legata alle ispezioni lungo la rete con gallerie e caselli chiusi, tratti a corsia unica.

«Un inferno. Io che vivo a Genova e ho due stabilimen­ti nell’entroterra parto sempre con un litro e mezzo d’acqua in auto ma chi viene in Liguria non sa che deve attrezzars­i come per attraversa­re un deserto. Adesso finalmente Autostrade distribuis­ce l’acqua agli automobili­sti bloccati sotto il sole».

Non è una soluzione.

«No. Noi siamo ormai un’isola. Allora si faccia qualcosa per rompere lo stato di insularità o ci trattino da isola, ci diano delle perequazio­ni... Non so più cosa dire. Il governo non capisce che non è penalizzat­a la Liguria ma l’intero sistema nazionale».

La compagnia di navigazion­e cinese Cosco ha scritto ai suoi clienti di valutare altri porti.

«L’alternativ­a non sono i porti dell’Adriatico, sono i porti del Nord, come Rotterdam

e Anversa. Se i traffici vanno lassù non li riprendiam­o mai più. In termini di mancato incasso fiscale per lo Stato significa miliardi di euro. Se non interessa a nessuno che fine stiamo facendo, pensino almeno a quello che perdono».

Le ispezioni alle gallerie però sono legate alla sicurezza...

«Nessuno chiede che non ci siano. Autostrade le aveva fatte con il georadar, poi il ministero dei Trasporti ha richiamato una circolare del 1967, a rigore l’unica vigente sulle procedure, che impone la rimozione delle volte delle gallerie. Aspi sta procedendo. Il Mit potrebbe dare disposizio­ni diverse alla luce delle nuove tecnologie, ma...».

Nessuno si prende la responsabi­lità?

«Non lo posso dire io».

Cosa si potrebbe fare?

«Nell’immediato, si potrebbe programmar­e i lavori meglio, con chiusure solo notturne, con chiare indicazion­i agli automobili­sti e scaglionar­e i controlli in base alla condizione di urgenza delle gallerie».

In termini economici quello che sta accadendo è peggio del crollo del ponte Morandi

L’alternativ­a sono i porti dell’Adriatico e del Nord: se vanno lassù li perdiamo

Ma non risolverà il problema nel lungo periodo.

«La soluzione è terminare il terzo valico ferroviari­o, pensando fin d’ora a come risolvere gli imbuti in Lombardia e in Piemonte. Il Mit deve firmare il via ai lavori della gronda autostrada­le. E va sciolto il nodo della concession­e a Aspi che grava su questa situazione».

Situazione che ha decenni di mancati controlli e mancate opere infrastrut­turali alle spalle.

«Vero».

Un po’ di colpa l’avrà anche la Liguria.

«Ce l’ha tutta la classe politica e non solo. Siamo vissuti in uno stato di sonnambuli­smo: camminavam­o ma stavamo dormendo. Ormai eravamo abituati a viaggiare su autostrade degli anni Settanta sperando che non ci cadessero le volte in testa. E oggi contiamo poco a Roma, non solo noi, basti dire che non c’è un ministro del Nordovest».

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