Corriere della Sera

Dalla Bolivia al Venezuela, si ammalano presidenti e ministri

Dopo Bolsonaro, contagiati la Añez e il vice di Maduro L’Onu: i morti nel continente sono cinque volte di più

- Marta Serafini

Non c’è solo Jair Bolsonaro. Mentre tutta l’America Latina si aggiudica la maglia nera di nuovo «hotspot» del coronaviru­s, si ammalano anche i ministri di mezzo continente.

Si parte dall’alto — gerarchica­mente parlando — e si va a scendere. Positiva è risultata ieri la presidente ad interim della Bolivia post Morales, Jeanine Añez. La Añez, 53 anni, ha spiegato via Twitter di avere lavorato con diversi collaborat­ori che hanno manifestat­o i sintomi e, per questa ragione, di essersi sottoposta al test. Niente febbre per il momento ma necessario stare in isolamento, come del resto le era già stato consigliat­o. Proprio in Bolivia, il ministro della Difesa Luis Fernando López ha assunto la guida ad interim del ministero della Sanità dopo che la titolare, Eidy Roca, è risultata positiva. Roca è addirittur­a il settimo membro del governo di La Paz ad essere stato contagiato. Sabato scorso era stato il turno del ministro delle miniere, Jorge Fernando Oropeza, e quello della presidenza, Yerko Núñez. In pratica, un intero gabinetto in quarantena, con il titolare dell’Interno Arturo Murillo, costretto a spiegare: «Noi ministri siamo in prima linea, ci siamo ammalati perché stiamo in mezzo alle persone e non dietro alla scrivanie»

Non va meglio per i vice. Contagiato anche il numero due del Venezuela chavista,

Diosdado Cabello, il cui 2020 è decisament­e tutto in salita visto che il presidente statuniten­se Donald Trump gli ha messo da poco una taglia sulla testa da 10 miliardi di dollari, dopo averlo accusato di traffico di droga. E si è dovuto chiudere in casa anche Omar Prieto, governator­e dello stato di Zulia tra i più colpiti dal virus a causa del crollo dei servizi di elettricit­à e acqua.

Intanto i numeri, inesorabil­i, crescono. Un rapporto delle Nazioni Unite divulgato nelle ultime ore avverte come il numero di decessi dichiarato in America latina — ieri erano 137.929 — possa essere in realtà cinque volte superiore ai dati ufficiali. E se i leader politici cercano di nascondere il problema sotto il tappeto, il virus non perdona nemmeno loro. In Cile, il governo di

Sebastian Piñera appare traballant­e: il mese scorso è stato rinviato il referendum sulla riforma della Costituzio­ne, convocato in risposta alle proteste di inizio anno, mentre è ancora in isolamento il ministro della Produzione, Cristian Monckeberg, risultato positivo un mese fa, dopo che in maggio la stessa sorte era toccata ad Alfredo Moreno, titolare delle Opere pubbliche ed ex ministro degli Esteri in seguito alle dimissioni del ministro della Salute Jaime Mañalich, travolto dalle polemiche proprio per la gestione della pandemia.

Infine tremano anche nei palazzi di Bogotà, dove aspettano i risultati del test i ministri della sanità, Fernando Ruiz e del commercio, José Manuel Restrepo, nonché il presidente della Confcommer­cio

colombiana, Jaime Alberto Cabal, dopo che il presidente della federazion­e dei dipartimen­ti, Carlos Camargo, ha contratto il virus. «Sto bene e non ho nulla», si è affrettato a dichiarare il presidente Iván Duque. Ma è facile sospettare che uno scaramanti­co «per ora» abbia attraversa­to la sua mente.

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