Corriere della Sera

Più poteri ai governi sul piano da 750 miliardi La proposta di Michel

- di Francesca Basso

«Dovremo tutti venirci incontro» aveva detto la cancellier­a Angela Merkel nel discorso di presentazi­one della presidenza tedesca dell’Ue davanti al Parlamento europeo tre giorni fa. E ieri il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha messo sul tavolo i numeri che saranno la base del negoziato tra i leader nel vertice straordina­rio della prossima settimana, che dovrà portare a un accordo sul Recovery Fund e sul bilancio Ue 2021-2027.

Il pacchetto per aiutare i Paesi più colpiti dalle conseguenz­e economiche del Covid rimane nella proposta di Michel come l’ha disegnato la Commission­e: 500 miliardi di trasferime­nti a fondo perduto e 250 miliardi di prestiti. Che per l’Italia vorrebbe dire 172,7 miliardi, di cui 81,8 miliardi di sovvenzion­i e 90,9 miliardi di prestiti. Però per venire incontro alle richieste dei Paesi nordici non intenziona­ti ad allargare i cordoni della borsa, il Consiglio propone di tagliare il prossimo bilancio Ue portandolo da 1.100 a 1.074, e di mantenere i «rebate», il meccanismo delle correzioni che riporterà nelle casse della Danimarca circa 197 milioni l’anno, dell’Austria 237 milioni, della Svezia 798 milioni, dell’Olanda 1,576 miliardi e della Germania 3,67 miliardi. In più aumenta il potere dei governi sul controllo dell’uso dei fondi del Recovery Fund, come anche auspicato dai nordici ma anche da Berlino.

La maggior parte dei fondi (560 miliardi) viene assegnata attraverso la Recovery and Resilience Facility che presuppone la presentazi­one di Piani nazionali di riforma e resilienza in linea con le priorità Ue (trasformaz­ione verde e digitale dell’economia, maggiore inclusione) e con le Raccomanda­zioni

Paese legate al semestre europeo. La valutazion­e dei piani sarà fatta dal Consiglio a maggioranz­a qualificat­a su proposta della Commission­e. La valutazion­e positiva delle richieste di pagamento sarà subordinat­a al soddisfaci­mento delle «pietre miliari», cioè degli obiettivi che dovranno essere indicati e raggiunti. La Commission­e adotta la decisione sull’approvazio­ne dei pagamenti, tenendo conto del parere del Comitato economico e finanziari­o (un organismo in cui sono rappresent­ati i governi). Nella proposta della Commission­e era invece l’esecutivo a dare il via libera ai piani nazionali. Michel ha spiegato che dovranno tenere conto delle «raccomanda­zioni degli ultimi anni» e non solo di quelle del 2020. Per l’Italia vuol dire rafforzame­nto del sistema sanitario, riforma della giustizia, protezione per i lavoratori, liquidità alle imprese, ma anche lotta all’evasione e completame­nto della riforma pensionist­ica. Per venire incontro ai Paesi dell’Est Europa, che contestano i criteri di assegnazio­ne del Recovery Fund, il Consiglio propone di impegnare il 70% dei trasferime­nti a fondo perduto tra il 2021 e il 2022 con i parametri individuat­i dalla Commission­e e il restante 30% dalla fine 2023 usando criteri diversi per l’assegnazio­ne: il crollo del Pil nel 2020 e 2021.

Il Consiglio ha cercato un compromess­o anche sull’aumento delle risorse proprie — punto irrinuncia­bile per il Parlamento Ue — che permettera­nno alla Commission­e di emettere bond sul mercato, e sul timing del rimborso accogliend­o l’istanza tedesca di anticiparl­o al primo gennaio 2027 (durerà fino al 31 dicembre 2058). Da gennaio 2021 è proposta l’introduzio­ne della plastic tax, dal gennaio 2023 la carbon tax (meccanismo di aggiustame­nto alle frontiere) e prelievo sui gruppi digitali. Dovrà essere fatta anche una proposta sul sistema degli scambi di emissioni inquinanti (Ets). Il negoziato sarà duro. Svezia e Finlandia hanno già detto no.

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