Santa Sofia ridiventa una moschea
Erdogan: «Chi ci critica attacca la nostra sovranità». Il rammarico dell’Unesco: status da rivedere
Gli applausi del Parlamento turco, centinaia di fedeli musulmani che gridano «Allah è grande» davanti ad Aghia Sophia, la basilica costruita da Giustiniano nel 537 per farne la chiesa più bella del mondo, che torna ad essere una moschea. Per Erdogan è un sogno, inseguito per 16 anni, che diventa realtà ma anche una mossa politica che serve a ricompattare la sua base in un momento difficile per il Paese stretto tra la crisi economica e la pandemia da coronavirus: «Abbiamo esercitato il nostro diritto sovrano, qualunque critica è un attacco alla nostra indipendenza» ha detto in un discorso alla nazione ma poi ha assicurato che «Santa Sofia sarà aperta a musulmani, cristiani, a tutti gli stranieri».
Ieri il Consiglio di Stato turco ha annullato all'unanimità il decreto del 24 novembre 1934 dell’allora presidente Mustafa Kemal Atatürk che trasformava l'allora moschea in un museo. E Erdogan ha subito firmato il passaggio del tempio alle autorità religiose musulmane e la sua riapertura per le preghiere, prevista il 24 luglio. Secondo indiscrezioni gli splendidi affreschi e mosaici all'interno della struttura, incompatibili con l'iconofobia islamica, potrebbero essere coperti con un sistema di tende automatiche, che li lascerebbe visibili al termine dello svolgimento dei riti musulmani.
Ma la decisione di Erdogan è uno schiaffo in faccia al mondo che chiedeva di mantenere integro «il luogo-simbolo della reciproca comprensione tra cristianesimo e islam» per dirla con le parole del Patriarca Bartolomeo.
Ieri l’Unesco aveva invitato la Turchia a non prendere una decisione unilaterale sul tempio, oggi patrimonio dell’Umanità e ne ha annunciato la revisione dello status.
La Grecia ha parlato di «una provocazione al mondo civilizzato» mentre la Chiesa russo ortodossa ha accusato Ankara «di ignorare la voce di milioni di cristiani». Anche il
Segretario di Stato Mike Pompeo, lo scorso primo luglio, aveva espresso contrarietà: «Il luogo è una dimostrazione dell'impegno della Turchia al rispetto delle storie diverse del Paese».
È stato un piccolo gruppo islamista locale a presentare il ricorso al Consiglio di Stato sostenendo che Aghia Sophia apparteneva al sultano ottomano Maometto II che conquistò Istanbul nel 1453 e trasformò la cattedrale greco ortodossa in una moschea. Atatürk, quindi, non avrebbe potuto disporne. Il suo provvedimento era illegittimo. Anche per i giudici.