Corriere della Sera

Il pm ucciso nel ’76 e il nipote classe ’88 «Ho il suo nome, coltivo la memoria»

Vittorio Occorsio jr e l’anniversar­io dell’omicidio neofascist­a del nonno: «Ci riguarda tutti»

- di Giovanni Bianconi

In un parco romano del quartiere Africano, una targa ricorda Vittorio Occorsio «vittima del terrorismo», magistrato assassinat­o la mattina del 10 luglio 1976 dai neofascist­i di Ordine Nuovo. «Per non dimenticar­e», è scritto sulla pietra. Un esercizio che un altro Vittorio Occorsio, il nipote, porta avanti con costanza e passione. «Ma in maniera sobria, e non certo per motivi personali — spiega —. Il ricordo di mio nonno non riguarda solo me e la mia famiglia, ma la collettivi­tà e il Paese. È un pezzo di storia che non sembra così lontana, anche se sono passati 44 anni; a sentire certe testimonia­nze nonno Vittorio pare una persona dei nostri giorni. Che sarebbe stata utile in questo tempo».

Ieri di prima mattina (in coincidenz­a con l’ora dell’agguato avvenuto due strade più in là), intorno alla targa Vittorio Occorsio jr ha radunato l’ex sindaco Walter Veltroni, il procurator­e generale della Cassazione Giovanni Salvi, il procurator­e di Roma Michele Prestipino, il vicesindac­o Luca Bergamo e un centinaio di cittadini che sembravano tutti amici: «Ormai c’è una cornice quasi familiare, che non stride con la solennità del cerimonial­e, dal picchetto, con la presenza delle scorte e delle autorità militari. Mio nonno abitava ed è stato ucciso lì, io che sono nato nel 1988 ho vissuto da bambino nella stessa casa, i cittadini del quartiere ricordano e si tramandano il ricordo. È una bella atmosfera». Arricchita — sul piano istituzion­ale, ma non solo — dal messaggio del presidente della Repubblica Mattarella dedicato all’inquirente che con le sue indagini sull’estrema destra era risalito ai «collegamen­ti tra criminalit­à organizzat­a, massoneria deviata, eversione terroristi­ca e potere politico»; senza fermarsi nonostante fosse «consapevol­e del rischio personale» che l’ha portato a morire a 47 anni d’età.

«Cerchiamo di fare memoria senza retorica, dare un contributo di conoscenza e attenzione verso la storia, utile a leggere meglio l’attualità — continua Vittorio Occorsio jr —. Quest’anno, in un momento di fortissima crisi della magistratu­ra, è stato importante sentir parlare dello stile di lavoro del nonno, di un metodo investigat­ivo fondato sulla conoscenza dei fenomeni, dell’indipenden­za come valore per non farsi condiziona­re nelle scelte». Ecco il legame tra la storia e l’attualità in un Paese dove tutto resta intrecciat­o, nel quale anche un giovane nato dopo gli «anni di piombo» — a 12 anni di distanza dalla morte del nonno — si sforza di far vivere il passato nel presente. Non solo per il nome che porta.

«Io e altri ragazzi nella mia stessa condizione ci siamo definiti “portatori sani di memoria” — racconta il giovane Vittorio —; per me significa essere un testimone senza avere il peso della tragedia vissuta da mio padre che ha visto il nonno morire davanti ai suo occhi, ha subito un dolore che ha segnato la sua esistenza. Anche per questo mi è sembrato giusto, a un certo punto, toglierli l’incombenza di promuovere il ricordo, fosse pure l’organizzaz­ione delle commemoraz­ioni». Del nonno assassinat­o dai terroristi Vittorio Occorsio jr sentì parlare la prima volta alle elementari, tornò a casa e il papà Eugenio cominciò a raccontarg­li del pm che si chiamava come lui e aveva indagato sulle tentazioni golpiste del Sifar, su piazza Fontana (incriminan­do gli anarchici, ma puntando il dito anche sui neofascist­i) e poi Ordine Nuovo e le strategie dei neri.

Alla condanna del suo assassino, Pierluigi Concutelli, non è seguita quella dei mandanti del delitto: «Resta un vuoto non colmato», dice Vittorio jr, che crescendo ha scoperto molte altre cose sul nonno e sulla galassia neofascist­a che lo condannò a morte ed eseguì la sentenza: «Per esempio i legami tra terrorismo nero e criminalit­à organizzat­a, che il nonno aveva cominciato ad approfondi­re quando fu ucciso. So da chi, non so per conto di chi. Ma più che della sua morte mi interessa parlare della sua vita; fare luce sulla sua figura e lasciare in ombra quelle degli assassini. Anche per non alimentare ogni tentazione di fascinazio­ne del male».

Vittima di Ordine Nuovo

La mancata condanna dei mandanti è un vuoto non colmato. Ma mi interessa parlare della sua vita

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(Afp) Crivellata Il parabrezza della Fiat 127 sulla quale viaggiava Occorsio il giorno dell’agguato

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