Corriere della Sera

Jamil: mi piace provocare, sono il più odiato dei rapper

- Barbara Visentin

«Mi piace rompere le scatole a tutti». Jamil usa un termine più forte, ma il senso è quello: veronese per metà persiano, 29 anni, è un rapper provocator­io e sfrontato. «Faccio musica da combattime­nto, in cui me la prendo con gli altri», spiega, e infatti i dissing verso gli altri rapper l’hanno reso celebre anche al di fuori della cerchia dei fan.

Con il nuovo singolo Vengo dalla strada, però, Jamil accantona (in parte) lo spirito battaglier­o per raccontare un po’ di sé: «Per la prima volta affronto argomenti personali e tutto il nuovo disco, che uscirà entro fine anno, sarà così». Nel brano accenna alla morte della nonna, a un malore del padre, a problemi di lavoro della madre. E la «strada» del titolo racchiude l’ambiente multicultu­rale in cui è cresciuto: «I miei nonni materni sono venuti in Italia da Teheran, con loro parlo persiano. Sono abituato fin da piccolo ad avere amici di tanti Paesi: siriani, marocchini, della Guinea-Bissau...». Nelle sue rime parla di razzismo, eppure, sottolinea, a Verona essere un italiano di seconda generazion­e non è mai stato un problema: «Sono cose del passato, il massimo è stato qualche insulto in classe da piccolo, ma amo Verona e parlo sempre bene dell’Italia. Il razzismo lo vedo in tv o in qualche politico, però in strada, dove vivo io, non c’è». La sua crew di amici è confluita nella sua etichetta, la Baida Army con cui ha scelto di restare indipenden­te, lontano da una «scena» rap in cui non si riconosce: «Non ci sono tanti rapper che stimo in Italia. Sono venduti e schiavi del sistema, finti amici per approfitta­re della visibilità di chi prima criticavan­o. Io ho un approccio diverso, non ostento, non fingo e non ho problemi a fare nomi o a litigare».

In tanti, sostiene, gli hanno chiesto di collaborar­e, dicendogli «sei bravo». La sua risposta? «Tu no». In verità, chiarisce, a scrivere i brani sono bravi in tanti, è la sua coerenza estrema a differenzi­arlo: «Ovvio che Marracash o Luchè sono bravi a rappare, ma quando leggo i featuring che fanno come faccio a dire che mi piacciono? Chiaro che Salmo è bravissimo, ma ha cantato con tutti. Forse hanno paura di scomparire o invecchiar­e e per questo si aggrappano ai ventenni che fanno trap e prendono la codeina».

Non stupirà che il suo secondo e più recente disco si intitoli Most hated, «il più odiato». Ma a Jamil interessa «camminare a testa alta» e dice di essere l’unico in Italia ad avere questo coraggio. Il pubblico, visti i milioni di streaming e views, non gli fa mancare le soddisfazi­oni: «Chi mi capisce mi segue», conclude.

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Autobiogra­fia Nel nuovo singolo «Vengo dalla strada», Jamil affronta la storia della sua famiglia

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