Il vertice Ue parte tra i no
Conte con Francia e Spagna contro i veti del Nord: «Non cederemo»
Comincia in salita il vertice europeo di Bruxelles. Si tratta su una possibile riduzione del Recovery fund da 750 miliardi. «Servono risorse adeguate alla sfida, non veti» la linea di Conte. L’Italia trova un asse con Francia e Spagna contro i diktat dei Paesi del Nord guidati dal leader olandese Rutte. Piano di Michel per mediare con l’accordo di Merkel.
Si ricomincia oggi a negoziare i due punti della nuova proposta presentata in serata dal presidente Charles Michel ai 27 leader Ue riuniti dal mattino nel Consiglio europeo straordinario (il primo di persona post lockdown) per decidere sul pacchetto che deve aiutare i Paesi più colpiti dalla crisi economica scatenata dal Covid e sul prossimo bilancio dell’Ue 2021-2027. Alle 20 il premier ceco Andrej Babiš spiegava che non c’era intesa su niente, né sul volume complessivo di Next Generation Eu (il Recovery Fund come lo ha ribattezzato la Commissione europea), né sulle regole di accesso, né sui criteri di distribuzione.
Il dibattito in plenaria, durante il quale la cancelliera Angela Merkel, alla guida della presidenza di turno dell’Ue, e il presidente francese Emmanuel Macron hanno affiancato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel per costruire un dibattito strutturato nel quale tutti hanno ribadito le rispettive posizioni, è stato sospeso alle 18 per consentire gli incontri bilaterali che sono durati tre ore. E che hanno permesso a Michel di costruire una nuova proposta negoziale nel tentativo di far procedere il negoziato sui criteri di allocazione e sulla governance del Recovery Fund. Sule regole per l’accesso ai fondi c’è stato uno scontro totale con l’Olanda che ha continuato a insistere sul diritto di veto nei confronti dei piani nazionali di ripresa che devono presentare gli Stati membri per ottenere gli aiuti. Per sbloccare la situazione Michel ha proposto l’ipotesi di ricorrere a un «freno di emergenza» che consentirebbe a un governo di bloccare i pagamenti del Recovery Fund se non ci fosse «consenso» tra i governi. Il meccanismo interverrebbe sull’attuazione dei piani e non sul loro via libera.
Altro nodo i «rebates», il sistema di sconti sul bilancio Ue di cui godono l’Austria, l’Olanda, la Svezia, la Danimarca e anche la Germania. Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz è stato molto determinato nel difenderli. E poi l’ammontare complessivo del Recovery Fund, 750 miliardi di cui 500 miliardi di trasferimenti a fondo perduto e 250 di prestiti. I nordici hanno mantenuto il no sul volume e sull’equilibrio aiuti-prestiti. Germania e Francia difendono i 500 miliardi e con loro Italia e Spagna. Per Olanda, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia è invece troppo.
Il primo incontro di Michel è stato con Merkel, Macron e la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Poi ha visto da solo l’olandese Rutte. Ultimo il premier ungherese Orbán, che oppone resistenza sul legame tra aiuti e rispetto dello Stato di diritto. Tutti dovranno sacrificare qualcosa. Tra le ipotesi ridurre i programmi diversi dalla Recovery and Resilience Facility (310 miliardi di trasferimenti): aiuti in cambio di riforme sulle priorità dell’Ue, per l’Italia la misura vale circa 60 miliardi di sovvenzioni.