Corriere della Sera

Amicizie difficili, veti e gelosie Le impossibil­i alleanze gialloross­e

Separati in 5 Regioni. E il giornalist­a non è amato dal suo vicino Beppe e divide i dem

- di Marco Imarisio

Non è che sono generici vicini di casa. Le loro abitazioni confinano proprio, una attaccata all’altra, al punto che condividon­o giardino e orto. Se avesse voluto, a Beppe Grillo sarebbe bastato affacciars­i alla finestra e dire a Ferruccio Sansa guarda che non ti voglio, e la cosa sarebbe finita lì. Ma non lo ha fatto.

E così Pd e M5S hanno finalmente trovato l’unità sul candidato più divisivo. La colpa non è certo dell’ormai ex giornalist­a del Fatto quotidiano, che agli occhi dell’ala riformista dei democratic­i sconta due peccati originali. Il primo è lo stigma del giustizial­ismo, che gli deriva dalla provenienz­a editoriale. Il secondo è il cognome. Adriano Sansa, suo padre, magistrato ormai in pensione, eccellente poeta, moralista assoluto, divenne sindaco di Genova nel 1993 per conto e al tempo stesso nonostante un Pds terremotat­o dall’inchiesta sulle Colombiadi che aveva ingiustame­nte costretto Claudio Burlando alle dimissioni, poi assolto. Cinque anni dopo, in una di quelle faide che hanno reso le vicende del Pd ligure un sottogener­e letterario, venne fatto fuori dall’ala riformista del partitone, guidata dal redivivo Burlando.

Scusate il revival, ma solo così si può capire come quel che resta del Pd ligure, ancora con forte ispirazion­e burlandian­a, veda come fumo negli occhi la candidatur­a del nuovo Sansa, che infatti era il campione dei Cinque Stelle locali, certi di imporre ai futuri alleati un nome indigeribi­le. Infatti, da Sarzana al ponente stanno arrivando dimissioni in massa di dirigenti che magari non saranno Lenin, ma hanno pur sempre trent’anni di militanza nei democratic­i. Adesso si scopre quel che era già noto, ovvero che Sansa era indigesto anche a un paio di personaggi pentastell­ati non proprio di seconda fila. Uno è Luigi Di Maio, che ha sempre tenuto Sansa sullo stomaco perché lo ha criticato spesso durante le sue apparizion­i televisive, e l’attuale ministro degli Esteri non è un seguace di Voltaire, e infine perché rappresent­a la prova più seria di alleanza permanente con il Pd, che se riuscisse ridurrebbe ai minimi termini il peso di Di Maio. E uno vale sempre uno, ma non esageriamo. L’altro è Beppe Grillo. Sono anni che il nome di Sansa viene tirato in ballo a qualunque elezione locale in quota Cinque stelle per poi essere subito rimesso nel cassetto. Una ragione ci sarà. Ma ciò nonostante, i Cinque Stelle liguri sono andati avanti come un sol uomo. Bastava suonare il citofono della casa accanto a quella di Sansa.

Se questa della Liguria doveva essere l’alleanza locale fatta bene, figurarsi le altre.

Infatti, andranno separati in cinque regioni su sei. In Puglia, Michele Emiliano è troppo grillino per un pezzo del Pd nazionale, e troppo di destra per i 5 Stelle, che infatti gli contrappon­gono la psicologa Antonella Laricchia, pasdaran del no all’alleanza con il Pd, sostenuta dai militanti di base, che finora ha respinto con perdite gli inviti giunti da Roma a desistere.

Abbiamo dimenticat­o Italia viva, che in queste regioni porterà le sue masse a convergere su candidati terzi. Meno male che ci sono le Marche, dove tutto è tranquillo, con il M5S ridotto a coriandoli. Se ne sono andati il capogruppo in Regione e una consiglier­a, in disaccordo con i colleghi che non vogliono allearsi con il Pd, convergend­o sul suo candidato, Maurizio Mangialard­i. Ma un’altra parte del M5S minaccia a sua volta l’addio se verrà ritirato il nome di Gian Mario Mercorelli, plebiscita­to sulla piattaform­a Rousseau da ben 454 voti. A provarci con il cubo di Rubik si fa prima.

Sono tutte storie a modo loro divertenti. E gran parte delle complicazi­oni derivano dagli spasmi del M5S, ormai un partito da uno nessuno e centomila, senza più identità che non sia la conservazi­one della schedina vincente azzeccata il 4 marzo del 2018, con il 32,7% dei voti alle elezioni politiche. Ma forse, anche il Pd dovrebbe smetterla con l’accaniment­o terapeutic­o su base regionale, e prendere atto dell’impossibil­ità di una alleanza con chi cambia idea a seconda delle fasi lunari di Casaleggio junior, Di Maio, Di Battista, Grillo. A proposito, in serata il Garante ha dato un endorsemen­t entusiasta a Sansa: «È il meno peggio». Con un vicino di casa così amorevole e premuroso, si dorme tutti più tranquilli.

Per la partita di Genova il via libera del garante è arrivato con un gelido: è il meno peggio

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